La giovane signora conosciuta e benvoluta da noi tutti, chiamata semplicemente “la bella imprenditrice”, arrivò al Circolo Ricreativo di Burraco in compagnia dela “nuovo straniero” giunto in paese. L’uomo avrà avuto una quarantina d’anni: alto, magro, capelli scarmigliati, volto affilato, olivastro, inquieto; occhi minuscoli, scuri, furbi; barba ispida e brizzolata. Sulle spalle un voluminoso zaino, consunto e lacero, color marrone, un carico dal quale non si liberò mai. Il suo aspetto trascurato ci lasciò sconcertati: indossava abiti vissuti, sporchi e stropicciati. Si comportò in modo strano: senza mai sorridere, o scambiare un saluto con i presenti, transitò muovendosi con passo felpato tra i vari tavoli, gettando occhiate particolari, furtive. Mantenni a lungo il ricordo del fremito, accompagnato da una sensazione di disagio, che mi attraversò.
All’interno del locale del Circolo, dove da diversi anni prestavo anche opera di volontariato in veste di “barista”, molti dei presenti espressero – più o meno sottovoce – ipotesi sul ruolo svolto dal nuovo arrivato: “Per me é il suo amante. Nooo, é il suo compagno. A seguire altre qualifiche: il fidanzato, l’autista, l’accompagnatore, il personal trainer, il futuro consorte, il nuovo operaio assunto nell’Azienda dell’imprenditrice, il cassiere, il ragioniere.” Alcuni anziani avventori, per gentilezza nei confronti della donna, sorrisero al nuovo venuto; altri si finsero indifferenti.
Nel frattempo, nel cortile esterno del Circolo, davanti ad un crocchio di adulti incuriositi, l’imprenditrice con voce squillante andava fornendo svariate, ed esilaranti versioni circa l’attività dell’amico taciturno, attribuendogli un caleidoscopio di identità personali e lavorative, anche con il supporto di squallide battutine. Divertita di trovarsi al centro dell’attenzione, giocava con parole e gesti, lanciando nel contempo preoccupate occhiate all’interno del locale. Dalla posizione in cui mi trovavo, – dietro al bancone del bar -, avvertivo che la donna, nonostante il susseguirsi di contagiose risatine, ai miei occhi si stava rivelando intimamente agitata. Decisi di manifestare questo pensiero all’amica Mari, compagna di scuola di vecchia data, ora collega barista, che lo condivise apertamente.
A partire da quel giorno di marzo calò il mistero: nessuno ebbe più notizia dello straniero e della donna.
Oggi, vigilia di Pasqua, Mari al telefono mi domanda: “Hai già letto il giornale?” “Mari, é la vigilia e ho molto da fare. Lo leggerò stasera. Perché?” “Aprilo. Guarda l’articolo e la fotografia a pagina ventidue. Lo scoprirai.” “Puoi anticiparmelo? Ho varie pentole sul fuoco.” “Non voglio rovinarti la sorpresa. Ciao carissima streghetta. Tanti auguroni a te e ai tuoi cari. Smacksmack.”
Incapace di trattenere la curiosità apro il quotidiano e scopro l’identità dello “sconosciuto arrivato in paese”: si tratta di un nomade, capo di una banda di rapinatori, con i quali ha già messo a segno diversi colpi ai danni di Bankomat, ricercatissimo dalla Polizia. L’ultima rapina, ai danni di una Banca, l’ha compiuta ieri in una città della Toscana. Perfettamente riuscita, miracolosamente senza necessità di minacce di violenza o colpi di arma da fuoco. Per darsi alla fuga, – a bordo di una vettura BMW, sottratta un mese prima alla legittima proprietaria -, l’uomo ha tenuto il piede pesantemente schiacciato sull’acceleratore perdendo la vita in un terrificante schianto, contro un muro di cemento. Guardo attonita la fotografia: l’auto ha l’aspetto di una grande, scassatissima, fisarmonica. Pezzi di lamiera, vetri, ferri del mestiere, un cuscino, e molti altri oggetti, si sono sparpagliati ovunque.
Osservo meglio, più da vicino; mi é parso di intravedere e riconoscere il famoso zaino marrone: eccolo. Mostra una ferita aperta, rivelando parte dell’inutile contenuto cartaceo, banconote di scarsissimo valore se paragonate al prezioso, meraviglioso, multicolore caleidoscopio che é la Vita.
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