Archivia 11 Ottobre 2022

descrivo un oggetto : una foto

La foto che descrivo è stata scattata tanti anni fa e mi suscita molti ricordi. I personaggi siamo io, mia figlia Benedetta e mio marito. Era una festa di compleanno e ci trovavamo sulla veranda della nostra casa, casa che abbiamo lasciato circa 22 anni fa. In questa casa sono state concepite Benedetta, la ragazza della foto e Veronica, l’ultima nata.
Il ricordo più bello è il mio stato d’animo di quando aspettavo un bambino: ero contenta perché mi sentivo importante, utile.
In questa foto mi guardo e mi vedo sorridente ma già da allora “dentro” non stavo bene. Ma, mi chiedo, quando nella mia vita sono stata bene? Certamente quando mi sono sposata perché uscivo da una famiglia patologica e speravo di aver finalmente trovato un nuovo equilibrio e poi ogni volta che è nato uno dei miei figli tranne Benedetta perché sapevo, già dalla gravidanza, che era una bimba con problemi che nessun medico sapeva diagnosticare, almeno fino alla sua nascita, forse. Adesso Benedetta è preziosa, così com’è.
Vedo nella foto anche mio marito sul quale ho investito tante aspettative che in buona parte sono state deluse, non per colpa sua ma perché eravamo e siamo troppo diversi per avere quella sintonia e complicità che avrei desiderato. Lui è molto buono ma stranamente devo dire che ci sono momenti nei quali lo sento estraneo alla mia vita, come se fosse una persona che quasi non conosco. Ma tornando alla foto, mentre la descrivo mi rendo conto di quanti sentimenti mi suscita e di come la vita mi abbia riservato sorprese a volte piacevoli, alte no. Manca la descrizione di Benedetta, la festeggiata. Lei è la mia vita, la persona più importante che, anche se disabile, mi riempie il cuore di amore, tenerezza, desiderio di protezione.
Credo di aver detto anche troppo su questo oggetto, vi ho condiviso un pezzo e forse molta parte della mia vita.
Grazie care amiche per la vostra attenzione, vi abbraccio
Carla

ANASTASIA, OTTO E SARA

Quel giovedì di luglio avevo deciso di trascorrere alcuni giorni in montagna, in Alta Valle Seriana, ma quando arrivai a Vertova desiderai solo scendere dall’auto e prendermi un caffè, anche se il caffè nella bergamasca è un incubo , sempre lungo e acquoso

Trovo un parcheggio davanti alla stazione e accaldata entro nel primo locale che trovo. Il bar è piccolo stretto e lungo, la barista è una bella donna sulla quarantina, curata e gentile, ma con uno sguardo duro.  Chiedo un caffè ristretto e mi siedo al primo tavolino libero. Credevo che la signora si chiamasse Orsolina come è scritto ad insegna del bar, invece la sento chiamare Anastasia.

Sono le tre del pomeriggio e ci sono poche persone oltre me, solo un giovane uomo ed una ragazzina su due diversi tavolini; la barista si rivolge all’uomo con voce paziente ma ferma: -“Otto perché non vai a casa ora? Più tardi dovrai aprire il negozio e mi sembri stanco.”-

In realtà a me sembra aver bevuto troppo questo trentenne dalla barba lunga di giorni e la voce impastata

-“Pota, dopo vado…Anastasia lo sai che quella donna non doveva colpirmi…pota, cosa dovevo fare…io la denuncio e poi…pota nulla, mi danno torto…pota una donna può picchiare?”-

La ragazzina lo guarda, poi guarda la barista e si sorridono complici, di sicuro questa storia l’hanno già sentita, il paese è piccolo.

-” Sara vuoi altro?”  – chiede Anastasia. Sara è una quindicenne slanciata con capelli neri e corti e porta uno zainetto alla moda. -” No, tra poco arriva il mio treno, fra due ore ho lezione a Bergamo”-

-“E’ bello che tu faccia danza classica Sara, a volte ti guardo e hai un portamento così speciale”-

Mi piacerebbe restare e chiedere i particolari di queste storie ma mi mancano ancora tanti chilometri .

AUTOGRILL

Adoro gli autogrill in autostrada.

Negli anni ne ho frequentati parecchi e mi hanno sempre dato conforto e sicurezza: trovi sempre molti servizi utili, un caffè ad ogni ora, un giornale, un libro, il pane o un formaggio  da portare a casa , oppure una colazione o un pranzo veloce.

Cammini e ti sgranchisci le gambe lungo un percorso obbligato, in fondo sono tutti uguali, dei “non luoghi” fuori dal mondo, puoi essere a Modena o Bergamo non si capisce ; quando finalmente trovi l’uscita non è mai dalla parte dove avevi parcheggiato l’auto e  lì davanti  trovi dei tipi in piedi che sembrano aspettare qualcuno fumando …

VIAGGIO

In questi ultimi mesi controllavo spesso alcune agenzie turistiche cercando una meta dove trascorrere una settimana.

Era una ricerca generica, non avevo preferenze tra città d’arte, un viaggio tra varie città o un luogo dalla natura particolare, la realtà è che volevo provare a viaggiare da sola, superando le mie paure; trovarsi all’aeroporto e cercare il gate di partenza, dove faccio il check in?  devo trovare un taxi, quale bus mi porterà in hotel?

Ho sempre viaggiato con parenti , amiche o gruppi in viaggi organizzati , così a luglio ho prenotato un posto sul bus che mi ha portato  sul mare adriatico  e mi sono sentita molto soddisfatta.

Ora vorrei provare a viaggiare in treno verso Mantova per trascorrere un fine settimana, invece se penso ad un viaggio più interessante vorrei visitare la Toscana.

A voi sembrerà poco.  Perché lo faccio?  Serve a crescere, a provare cose nuove, ad essere viva

CARE AMICHE VI SCRIVO…..

Carissime tutte, sono Carla e faccio parte di questo gruppo. Vi ho conosciute prima della pandemia e ho partecipato ad alcuni incontri. Da subito mi sono sentita a mio agio con voi, accolta, voluta bene. Poi dalla pandemia in poi “fermi tutti” e gli incontri sono stati sospesi. Ho fatto in tempo ad essere presente ad un pic-nic ai Fontanili e in questa circostanza è stato bello vivere un clima di serenità che mi è rimasto nel cuore.
In questi ultimi anni ho scritto e letto poco anche per una sorta di depressione che mi ha accompagnata, depressione dovuta allo stato della mia deambulazione, sempre più complicata. Ho subito due interventi chirurgici, nel marzo 2021 e nell’aprile 2022. Adesso cammino col deambulatore e ho molti dolori. Quando ho visto la comunicazione di Valeria relativa alla ripresa degli incontri ho subito detto che mi interessava e di fatto è così ma poi, al momento di partecipare, non me la sono sentita, vuoi per una assurda vergogna, forse pigrizia e comunque per i dolori che sempre sono presenti. Mi rendo conto di chiudermi alle relazioni, facendo eccezione per poche amicizie, e questo non mi fa bene, lo so, ma è difficile vincere i sentimenti che mi bloccano. Voglio comunque mettercela tutta e quindi spero di essere presente a novembre. Colgo l’occasione per dirvi che da sempre mi sento appartenente a questo gruppo, che vi penso e vi voglio bene. Alla prossima, Carla

Vi racconto una storia a lieto fine

Sono Carla, mamma di quattro figli: Ivan, Cristiano, Benedetta e Veronica
Quando Veronica è nata, 40 anni fa, era bellissima. Ho potuto vederla un’oretta dopo il taglio cesareo ed era già vestita con un coprifasce delizioso, tanti capelli neri: era una meraviglia, mi è piaciuta da subito!
Veronica è cresciuta senza crearci problemi e, dopo aver sperimentato la fatica di gestire Benedetta, la sorellina disabile nata solo un anno prima, la sua presenza era una bellissima realtà!
Tutto è andato bene fino a che una insegnante della scuola media mi ha convocata per dirmi che mia figlia non era serena e per chiedermi come andassero le cose in famiglia.
Il nostro contesto famigliare era questo: noi genitori, entrambi lavoratori, i nonni materni nn conviventi ma molto presenti per darci una mano, due figli di diversi anni più grandi delle sorelline, Benedetta disabile e da ultimo Veronica. Quello che si evidenziava era che Veronica era sola e le toccava fare i conti coi fratelli che non avevano gran che cura di lei e una sorella, con mille problemi, che assorbiva tutte le energie di noi genitori per i tanti bisogni che comportava la sua disabilità.
La comunicazione dell’insegnante mi rendeva ancora più consapevole della situazione, mi sentivo impotente e desideravo solo prenderla fra le braccia e darle tanti baci.
Negli anni a venire il malessere di Veronica si è manifestato in vari modi: frequentazioni che mi preoccupavano, anoressia e anche assunzione di alcool e droghe leggere. Cosa potevo fare?
Stavo male e anche lei stava male ma era chiusa nel suo guscio, serbava un rancore che non esprimeva, la situazione sembrava essere senza via d’uscita.
Inaspettatamente , quando Veronica aveva circa 20 anni, una nostra cara amica le ha fatto una proposta: andare a fare un pellegrinaggio a Medjugorie con altri giovani, gratuitamente, perché una ragazza aveva rinunciato. Dopo averci pensato mia figlia ha accettato ed è tornata dal pellegrinaggio cambiata: la Madonna aveva toccato il suo cuore.
Dopo questo evento benedetto Veronica è entrata in una Comunità di recupero per ritrovare se stessa.
Dopo tanti anni, quasi 10, si è sposata con un giovane ex tossicodipendente e dopo il matrimonio hanno lasciato la comunità. Successivamente hanno avuto due bellissime bimbe.
Purtroppo però il rapporto madre-figlia era ferito, lei inconsciamente mi accusava di preferirle Benedetta: tanti fraintendimenti, incomprensioni fino a che, anche grazie alla sofferenza che ha accompagnato in questi ultimi anni la mia salute, sofferenza che mi ha cambiata, ho deciso di scriverle a cuore aperto dicendole quanto le volevo bene e quanto non ci eravamo capite. Questo scritto è stato una benedizione. Lei lo ha accolto molto bene.
Adesso siamo ancora in cammino nel nostro rapporto ma l’ho ritrovata, ho finalmente la figlia che per anni avevo perduta. Ci dichiariamo il bene che ci vogliamo e ci sentiamo quotidianamente per condividere la nostra vita.

Grazie Signore!!! Accompagnaci, tienici per mano, non lasciarci mai.

Mamma Carla