Bambina selvatica – alle mie sorelle con amore grande
Sono sbucata all’esistenza in un gelido mattino di un gennaio di neve, dalle membra stanche e vellutate di una donna già due volte madre
Vissuta in un caseggiato sovraffollato, povero, rumoroso, impregnato di odori, voci, suoni, e timori in una periferia marginale, degradata e dimenticata
La stufa a legna accesa in cucina, acqua calda per un bagno veloce dentro un mastello, il sapone detergente lisciva, fatto in casa dalla nonna
Donne, floridi seni esposti e caviglie gonfie, tutte chiacchiere e sorrisi, sedevano sugli scalini ed allattavano i loro nuovi adorabili bambini
Dagli usci spalancati, spesso voci alterate di adulti che bisticciavano, insulti, parolacce, grida anche di notte e poi schianti di bottiglie rotte
Lenzuolo consunto il cortile dispiegato secco, sassoso, maltrattato da pallonate, salti, corse, minacce, sputi, dispetti, sgambetti e cadute
I nostri corpi impolverati, sudati, gli occhi pozzi grandi e belli e profondi, gioiosi, affamati, a volte tristi, taluni disperati per sogni andati scoloriti
A giorni alterni, con il loro carico, transitavano: un astuto, smilzo, robivecchi, un anziano ortolano che urlava “Donne, donne! I patati, patati, patati!”
Il sabato un gentile gelataio cantilenava “Gelati, i gelati, i gelati!” e la domenica un folle, assillante, predicatore gridava “Pentitevi! I tempi sono arrivati!”.