Chi siamo Forum IL MIELE EREDITATO di Efrain Barquero COSE DELL'ALTRO SECOLO

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  • #455
    Oldgamine
    Moderatore

      Il nonno materno, Bepi, sapeva dire, a modo suo, un’unica parola in lingua inglese, “AURIU’?” (How are you?), retaggio di quando giovane muratore nel 1900 in America, con migliaia di altri migranti Italiani, partecipò alla costruzione dei grattacieli di New York e Filadelfia.
      Nonno parlava solo “se necessario”, sottovoce e in dialetto veneto. Piccolo di statura, lavoratore instancabile, era gentile, semplice, umile e con un cuore buono, un sorriso accattivante e due occhi che ridevano.
      Alla famiglia aveva posto una sola proibizione: nessuno doveva mettere mano al suo “goto” personale, dal quale beveva il vino Clinton. Guai a chi l’avesse toccato. Non mi fu detto in tempo: avevo nove anni quando, notato il terribile color melanzana del bicchiere, glielo lavai. Per la prima, ed unica volta, Nonno a tavola alzò la voce e, tenendo in mano il bicchiere controluce, ci chiese il nome del colpevole.
      A pranzo, in media, eravamo dodici persone, di cui otto noi “bambine”; due mie sorelle maggiori ed io in vacanza d’estate, e cinque cuginette che vivevano con gli zii nel casolare dei Nonni.
      Mi alzai immediatamente dalla sedia, tenendo lo sguardo abbassato; lui si limitò a sorridermi bonariamente e mi “punì” costringendomi ad alzarmi prestissimo la mattina successiva. Avrei dovuto aiutarlo – ed imparare – a mungere le sue adorate vacche, Nerina e Colomba. Il privilegio di lavorare accanto a lui mi rese felicissima.
      Nella stalla venni a trovarmi incastrata sia tra le mammelle gonfie delle due pigre, pezzate, mastodontiche “sue ragazze da latte”, che tra le enormi quantità di deiezioni da loro prodotte. L’odore disgustoso che aleggiava perennemente in quella stalla, in quel giorno indimenticabile, acquistò per me un bellissimo significato: “latte+nonno=calore”.

      I capelli di nonna Elisabetta, detta Lisetta, più color sale che pepe, sembravano disobbedire al pettine: indomabili, elettrizzati, sparavano sempre fuori posto. Di lei ricordo bene: il volto rugoso e severo da cui non traspariva facilmente un sorriso; la misteriosa claudicazione di cui soffriva; il bastone con cui si aiutava a camminare; il colore scuro dei suoi abiti e dei suoi grembiuloni.
      A Nonna disobbedivo sistematicamente, “le stavo alla larga” e, posso dire di non averle voluto troppo bene. Anziché avvicinarsi alle sue nipotine, di cui peraltro non ricordava i nomi, preferiva coccolarsi il gatto. Pareva non voler chiedere, né ricevere, affetto o attenzioni per sé. Sul suo corpo da scricciolo, mostrava scritta la fatica di tutti i sacrifici fatti per vivere, la perenne stanchezza, il dolore delle guerre vissute, la preoccupazione per i figli andati a vivere lontano in cerca di lavoro e fortuna.
      Nonna Lisetta parlava ancor meno del Nonno, in compenso sbuffava, brontolava e, spesso, sgridandoci ci minacciava col bastone.

      Mio Padre, della cui infanzia sono all’oscuro, e di cui non so davvero abbastanza, si allontanò dai campi della sua terra per trasferirsi in quelli mortali della seconda guerra mondiale. Soffrì moltissimo, venne fatto più volte prigioniero, rischiò di non fare ritorno a casa. Poi, sebbene malconcio, vi tornò. Sposò mia madre, due anni dopo, ed insieme si trasferirono in Lombardia.
      Al fine di dimenticare il dolore, – ben sapendo che non gli sarebbe riuscito, – Papà sull’argomento “guerra” gettò colate di cemento, e, in casa nostra, se ne parlò raramente. Penso che fosse dovuto a questo silenzio “impostosi”, che le sue profonde ferite, fisiche e spirituali, parevano non cicatrizzarsi.
      Per oltre 40 anni, con grande senso del dovere, in veste di “guardia giurata”, svolse il proprio lavoro presso una prestigiosa industria tessile che “dava lavoro” ad oltre quattromila operai.
      Papà era severissimo e poco propenso a dimostrarsi tenero. Alto di statura, un volto ovale bello, virile, arricchito da due splendidi baffetti e da folti capelli ramati, aveva due mani d’oro con le quali era sempre in grado di riparare qualsiasi oggetto danneggiato. Il suo portamento – ed il comportamento! – erano militareschi (ho spesso sospettato che si fosse identificato con la propria divisa militare prima, ed in quella del suo mestiere dopo).
      In famiglia si avvertiva chiaramente la sua presenza: procedeva con un passo marziale incutendo timore; impartiva ordini “indiscutibili” costringendo noi tutte, figlie studentesse, ad essere (tra l’altro) bravissime a scuola.
      Nell’infliggere i castighi Papà si dimostrava impietoso. Correvano altri tempi! Erano molti i genitori che per punire i propri figli ricorrevano, oltre che al lancio della ciabatta – facilmente scansabile! – all’uso pesante delle mani.

      Mia madre.
      Mia madre, ormai vicina al traguardo del compimento dei 100 anni, meriterebbe un Capitolo a parte.
      Per lei, nel corso degli anni, ho scritto diverse Poesie. Sento, però, che non è ancora maturo il momento per renderle visibili.

      #458
      Monica Caprari
      Moderatore

        Quante immagini mi hai regalato. E profumi del passato. Splendido affresco famigliare. Attraversa 60anni di storia prima con la leggerezza dell’infanzia poi con il sussurro di un sentimento profondo

        #463
        Valeria Giacomello
        Amministratore del forum

          Grazie amica cara, che bella testimonianza!

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