Leggere mi dona la gioia di aver imparato sempre qualcosa di nuovo, di aver depositato nella cassaforte dell’anima l’oro delle parole che mi arricchiscono e mi consentono di diventare una persona migliore e, perché no?, più intelligente.
Leggere mi alimenta: è cibo buono, gioia grande, un piacere puro e semplice; leggo di tutto dichiarandomi “divoratrice onnivora” e, talvolta, alla fine di un libro raggiungo perfino uno stato di benessere che si avvicina all’estasi.
Leggere mi dona qualcosa di cui scrivere, di cui parlare: mi aiuta a concentrarmi, imprigiona la mente dopo una faticosa giornata a contatto con la realtà e mi fa evadere consentendomi di entrare nell’immaginazione di un’altra persona.
Amo i libri, tutti, indistintamente: mi fanno sentire viva, ricordare un’infinità di cose della vita, mi impegnano, mi mettono in ansia, mi ispirano nuove idee, ravvivano desideri, traboccano di ricordi di altri libri; questo amore viscerale per i libri, da sempre ben nutrito, mi impedisce di smettere di amarli.
Da bambina ricordo di aver provato più trasporto ed affetto nei confronti dei libri che delle persone adulte; queste ultime si rivelavano incapaci di apprezzare e stimolare la mia voglia di apprendimento. Ho riservato ai libri un posto privilegiato nell’anima ed un grande rispetto, sentimenti sempre vivi in me dal momento che, come sospetto capiti a tutti i piccoli lettori, avrei voluto essere indistintamente ognuno dei personaggi che incontravo nelle letture, per vivere la loro avventura così particolarmente diversa dalla mia.
I miei primissimi libri rappresentavano i “miei migliori amici” e amici sono rimasti. Li conservo ancora con scrupolo: può sembrare assurdo ma per nessuna ragione al mondo avrei potuto allontanarli dal mio cuore, neppure in caso di incendio. Tantomeno con il terzo (spero ultimo) trasloco. E’ notizia piuttosto nota che per motivi di spazio, assai limitato nel nuovo appartamento, giocoforza mi sono vista costretta a rinunciare a centinaia e centinaia di interessanti volumi. A piene mani li ho donati a parenti, amici, conoscenti, alla Caritas, Associazioni, Biblioteche e perfino ad un Carcere. Eppure, a distanza di quattro anni, non sono riuscita a ricucire neanche in parte lo strappo patito e sono sicura che non ci riuscirò, neppure tra altri quattro.