L’acqua si rispettava.
Il nonno la raccoglieva piovana dentro grandi botti collocate in cortile.
Con lei si veniva a patti sempre: le verdure lavate nell’orto e l’acqua ritornava alla terra.
Al mattino la faccia lavata con l’acqua pulita nella bacinella in ceramica bianca, poi si
versava in giardino per i fiori. L’ acqua calda della pasta per lavare i piatti, mani e piedini
risciacquati prima di rincasare con la canna sopra i cetrioli che hanno sempre sete.
Santa in un ampolla e conservata in un luogo segreto che solo la nonna sapeva: con quest’acqua
benediva segnando una piccola croce sulle fronti mentre pregava. Noi bambine capivamo così
che accadeva qualcosa di straordinario e avevamo bisogno dell’aiuto divino.
Ho lavorato per un periodo presso un rinomato magazzino tessile a Milano e mi sono scontrata
con responsabile e colleghe perché facevano scorrere l’acqua durante tutta la giornata per averla
fresca, chiudevo il rubinetto, ma loro mi prendevano in giro: ” Sei proprio una paesanella” dicevano.
Io soffrivo nel vederla scorrere nel lavandino così invano, inerme.
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