Tutti gli articoli di Antonella Rando

Brezza

Sfilo lo giacca la butto sulla sedia, appoggio la borsa e resto qualche minuto nell’angolo scuro del soggiorno: ti guardo rimestare una pietanza che sobbolle nella pentola.
Cosa ci faccio qui come una ladra, non voglio altro che scappar via!
Spegni il fornello, metti il coperchio, vieni a salutarmi “Ciao Mara, non ti aspettavo tanto presto, niente straordinari questa sera?”. Adesso dico il suo nome che non mi da pace gli dico che non mi sono mai sentita così viva prima di lui che con lui ho incontrato la donna meravigliosa che sono che è uno strazio separarci quando stiamo insieme.
Adesso glielo dico che sono qui pesche’ lui mi ha dato buca “Un imprevisto“ . SMS sul cellulare. “Non cercarmi chiamerò”.
Intanto stappi un prosecco, versi il vino mi offri il calice prendi il tuo, ti seguo in terrazza. “ Sei bella, sai, come non ti vedevo da tempo”. Distolgo lo guardo, cerco le luci che calmano il buio al cielo.
Voci di ragazzi allegri accompagnano una leggera brezza avvolgente: porta con se il tepore della primavera e carezza l’inverno per allontanarlo.
La stessa brezza che ho visto oggi sconvolgere le giovani foglie di un Prunus, stuzzicarmi con il suo profumo intenso e sospingermi da te.
Un brivido mi corre lungo la schiena un senso di eccitazione, terrore, forse tenerezza. Sei bello così affaccendato in cucina con la t shirt attillata e i capelli lunghi, li noto solo ora, ti vengo vicino ti tolgo la frutta dalle mani ti abbraccio.
Adesso te lo dico che ho bisogno di te che non devi lasciare sola che ti voglio bene che… non c’è niente di male se mi sono innamorata…passerà. Ti bacio, sai di ananas e per un istante del nostro sapore ritrovato, ti bacio ti stingo ti bacio. Mi restituisci uno sguardo stupito mentre mi slacci la camicetta e io ti bacio ancora e ti voglio Luca. Prima che questa brezza svanisca per sempre.

Quanti passi

Mi sembra ieri che sono partita

carica di dubbi che son già certezze

di silenzi frantumati nel fragore dei vetri.

Un fagotto sulle spalle

per non sentire il peso dei giorni

troppo uguali

e fino all’uscio le urla di mia madre

” Ti perderai.”

Ho camminato passi persi

in spazi di illusioni,

contro me stessa vigili,

attenti sull’orlo dei baratri.

Passi nudi mescolati alla terra:

germogli ancorati a tenaci radici.

Passi folli sospinti dal tumulto del cuore:

danze nuove instabili equilibri.

Ora pesa sempre più questo fagotto

fatto liso dal dolore che consuma

ognuno dentro,

mentre un passo dopo l’altro spontaneamente avanzo.

Perchè io do che al di la c’è un oltre.

Il mio oltre mi attende.

Masca

No! Non ballo con l’angelo io.

non mi lascia piume bianche

ne mi sento più leggera poi.

Io ballo con un demone.

No! Non ballo con un demone

io danzo con un demonio

che mi prende quale fossi

sua stessa fiamma

e riarsa brace mi possiede

in incavo di quercia,

da ogni affetto mi allontana

insieme ad ogni ombra

mi fa sua sposa

marchiata sul petto a lettere scarlatte:

LA SORDA!

Soldato

La città nemica è uguale a Milano

c’è un parco nel centro

e nel parco un albero ricurvo

sulle panchine

ha la pelle tatuata

come hanno i ragazzi

che incidono le iniziali

e gli dicono le loro idee.

Proprio ieri l’albero schiudeva le gemme

all’azzurro puro.

Parola d’ordine non guardare!

Un elmo mi nasconde dalla città nemica.

Parola d’ordine non ascoltare!

Rombi nello strazio di aria violata.

Ti ripongo nel mio petto Madre

come pugnale nel mio cuore

proprio ieri partivo soldato.

Sulla Terra stuprata  le impronte delle mie ginocchia.

 

 

Attimo

Il cielo si apre

in uno dei suoi

orizzonti più azzurri

raggi pennellano cirri scarmigliati

che s’involano verso oriente,

questo basta a perdonare la pioggia

che mi ritorna il sentore di terra bagnata

e del suo seme.

 

 

 

Scaramanzia

Dentro al tondo

di un catino ci sciacquavi

le verdure

con le mani

e le brutture

alla luce

del mattino

ci leggevi

anche il destino

galleggiava la buona sorte

giù in fondo resta la morte!

Rigirata l’acqua poi

la versavi

nel giardino

per nutrire frutti e fiori

e buttare via i dolori.

 

Acqua benedicta

L’acqua si rispettava. Il nonno la raccoglieva piovana dentro grandi botti collocate in cortile.
Con lei si veniva a patti sempre: le verdure lavate nell’orto e l’acqua ritornava alla terra.
Al mattino la faccia lavata con l’acqua pulita nella bacinella in ceramica bianca, poi si versava in giardino per i fiori. L’ acqua calda della pasta per lavare i piatti, mani e piedini risciacquati prima di rincasare con la canna sopra i cetrioli che hanno sempre sete.
Santa in un ampolla e conservata in un luogo segreto che solo la nonna sapeva: con quest’ acqua benediva segnando una piccola croce sulle fronti mentre pregava. Noi bambine capivamo così che accadeva qualcosa di straordinario e avevamo bisogno dell’aiuto divino. Ho lavorato per un periodo presso un rinomato magazzino tessile a Milano e mi sono scontrata con responsabile e colleghe perché facevano scorrere l’acqua durante tutta la giornata per averla fresca, chiudevo il rubinetto, ma loro mi prendevano in giro: ” Sei proprio una paesanella” dicevano. Io soffrivo nel vederla scorrere nel lavandino così invano, inerme.

.

 

Chiarezza

Ce l’ ha fatta il fiume

quest’oggi in ardore d’0nda

a spazzar via

la crosta di fronde

e cose morte

che da giorni sostava

tra esili mani di salice.

La punta di un piede nell’acque

allontana le ultime foglie

che mulinellano sparse

morde la corrente tanto ha fretta.

Squarcio improvviso

brividi di cielo versato in terra.

Si libera nell’aria

il profumo di mughetti

ricamato sulle lenzuola

stese al sole.

 

 

Il ponte delle sirene

La stradina costeggiata da rogge si snoda in una serie di curve strette, fiancheggia la campagna coltivata e lentamente unisce Mediglia a San Giuliano.
Poco trafficata è la strada che ho frequentato più di tutte perché da bambina si andava dalla nonna a bordo della Cinquecento azzurra guidata da mio padre e da adulta per raggiungere il centro commerciale in cui ho lavorato dieci anni come ottica e vetrinista.
Circa a metà del suo percorso la stradina sovrasta con un ponte il fiume che mi affascina da sempre. Specialmente in inverno quando i campi freddi biancheggiano per la neve o la brina, il Lambro sembra trascinare più cupo che mai il suo carico d’acqua e di segreti mentre avvolto da una bruma opalescente scorre imperturbabile verso il suo mare.
Occasionali gabbiani o cormorani ne sorvolano le onde, non ho mai visto pescatori lungo le sue rive solitarie. Da piccola ogni volta che passavo sul ponte in auto abbassavo il finestrino e guardavo giù per vedere meglio che potevo, ma niente traspariva dal fondo nero e denso.
Una volta vidi una spessa coltre di schiuma bianca serpeggiare sul Lambro, rimasi incantata:  «Papà guarda che bello il fiume stamattina».
«A volte le Sirene arrivano anche qui per fare il bagno e lasciano la loro scia insaponata».
«E come si fa a vedere le Sirene papà, sai quando faranno il bagno la prossima volta?» gli chiesi.
174Le Sirene si bagnano alle prime luci dell’alba per tingere le loro code nell’ acque argentate», mi rispose sorridente.
Da allora quando passo sul ponte delle Sirene penso sia un luogo magico e chissà… di incontrarne una prima o poi.

Poesia di strada

Salti giù da una Citroen verde
sbatti lo sportello quasi
fari, sibilo si gomme
sbuffo di smog sull’asfalto rovente
con te ha finito.

Sistemi la gonna sui fianchi
il piercing è sole sul ventre liscio,
sei una bambola dal cuore in ceppi.
Le sneakers bianche si fanno spazio
tra lattine, clinex, qualche straccio.
C’è una sedia rotta più in là
per farti regina sei un nuovo acquisto:
soldi contanti.

Siedi, incroci le gambe da gazzella
la bocca è un cuoricino.
Tra cipria e polvere
vorresti raschiare via da dosso gli sguardi
che ti frugano sotto la maglietta
dentro le mutandine.

Intanto passi una mano nel caschetto
castano dei tuoi capelli è imbarazzante tanto sei bella.
Mi lanci un’occhiata dall’altra parte della strada.
Distolgo gli occhi ti lascio sola
ho una figlia della tua età a casa io!

Un’auto rallenta
lui abbassa il finestrino
tu metti il broncio
fai come una bimba che dice NO!

Lui ti annusa hai odore di bestiola
È così che ti vuole
ancora tiepida e dischiusa.