Tutti gli articoli di Benedetta Murachelli

Ma… come va?

Ma… come va?
Come l’onda del mare sbrocca
al sopraggiungere del vento
si arrotola senz’ossa
nell’orizzonte del buio
trattiene tra i denti di pietra
la schiuma salata
e poi il sole accecato e vorace
la secca tra i ciottoli
dorati della battigia.

Toh! Ho trovato un pennino

Tòhhh….Ho trovato un pennino

15 ottobre 1940, 18.o fascista, primo anno di guerra, ho sei anni ed è il mio primo giorno di scuola: grembiulino nero, scarponcini nuovi, cappottino di buona lana scampata all’autarchia, in mano una cartellina di cartone pressato che contiene un quaderno a righe di prima (alternate da più alte a meno alte) e l’astuccio di legno con la matita, una gomma di pane e uno spazio destinato al pennino che ancora non c’è.
Ci radunano tutti in cortile, il podestà fa un discorso sull’importanza della scuola, sul futuro dell’Italia che assicura essere e sarà: g l o r i o s o alimentato dalle nostre teste erudite e dal nostro corpo temprato dalla fatica e dallo sport. Per adesso la mia testa grida: “Basta!” E siccome fa anche freddo il mio corpo batte brrrrividi e denti.
Classe 1a!, non si può sbagliare ce n’è una sola che raccoglie i bambini del comune e delle tre frazioni.
Si entra nell’aula nel più religioso silenzio.
La maestra chiama uno ad uno, una sequela di nomi, e assegna un posto ad ognuno:
i più piccoli davanti i più grandi dietro e tra
questi anche i ripetenti.
Niente di familiare, se non la sporta della maestra
con la verdura raccolta nell’orto di buonora.
Il comando squarcia l’aria dell’attesa
– Seduti!
Arrampicarsi fino alla panchetta dei banchi alti e
neri è un’impresa. Io ero più piccola dei
miei compagni.
Niente libri, niente scrittura. Per un mese, forse più, si tracciano aste:
verticali orizzontali e poi si passerà ai cerchietti
e poi quando la maestra ci giudicherà maturi, si
passerà al pennino e all’inchiostro.
E l’inchiostro sarà ovunque, sul banco, sul foglio, sulla bocca perchè è tra le labbra che i bambini si passano il pennino per pulirlo.
Oggi, uscito da chissà quale anfratto della mia casa, me ne sono trovato proprio uno tra le mani. Un pennino vi dico, uno di quei modelli semplici, senza zigrinature, con la sua fessurina ben ritagliata nel punto giusto del dorso. Mi sorprendo e mi sorprende mentre mi conduce a quel passato lontano o a fantasticare su un suo ritorno dal futuro sospinto da sinusoidi cosmiche e, bagnato dal sangue dei sogni, deluso dai mormorii gridati degli amanti, cadere e rimbalzare tra licheni e rocce incise da scriba preistorici.
E mi piace credere che anche Dante avrebbe messo volentieri da parte la penna d’oca. Qua..Qua…Qua…
E non posso trattenere un moto di sentita riconoscenza per questi grassi palmipedi donatori generosi di piume, di fegato grasso e saporito nonché di quelle penne corte o slanciate, che furono per secoli accorto strumento nelle mani di poeti, letterati, giuristi etc.etc.

Contrasti

Inganno o desiderio
colpo secco che mi stordisce
quando giro gli occhi e non vedo
annuso e non fiuto
odo e non sento, illusa
annaspo nel brivido di improbabili attese.
Sguaiate mi ronzano intorno
parole che non trovano pagine.
Sarà il periodo mi dico, sarà
l’inverno che si abbarbica alle pareti
del gelo e non vuol morire oppure
questo temporeggiante tempo anteprimavera
che riscalda ormoni prematuri
adagiati senz’anima sul fondo
di torbide pozzanghere.
Fui voce allegria curiosità sogno amore.
Piange sul lontano fruscio di corse e capriole
la malinconia dei muscoli.

Diario di una strega

D14 Febbraio Festa dell’amore Oggi maggiormente riconosciuta come festa di San Valentino, il 14 Febbraio si celebra la festa pagana dell’Amore, dedicata al Dio Luperculus chiamata Lupercalia. L’origine della festa degli innamorati è quindi il tentativo della Chiesa cattolica di porre termine ad un popolare rito pagano per la fertilità che veniva celebrato in questo periodo dell’ anno. Il mese di Febbraio, per i popoli pagani, è considerato il periodo in cui ci si prepara all’ arrivo della primavera, considerata la stagione della rinascita. Si iniziano quindi rituali volti alla purificazione delle case, si fa ordine e pulizia nella propria vita. Un rituale di fertilità che si svolgeva ogni anno, in questo periodo, per onorare il Dio Luperculus, consisteva nell’ inserire in un urna i nomi di giovani donne e uomini, pescandoli poi casualmente. Le coppie che così si formavano vivevano per un anno in intimità, proprio come segno di devozione a Luperculus. L’ anno successivo il rito si riproponeva, formando così nuove coppie. Fu nel 496 D.C. che la Chiesa decise di sostituire la Festa pagana dell’Amore e della Fertilità con la festa di San Valentino, patrono degli innamorati. Sostituzione che avvenne certamente per nascondere ed eliminare i rituali pagani dediti alla fertilità. Il santo in questione, San Valentino, nacque nel 175 D.C. e fu il primo vescovo a celebrare un matrimonio tra una pagana ed un cristiano, atto per il quale divenne famoso e per il quale probabilmente venne scelto come santo dedicato a questa giornata di festa. (e fu così che si scatenarono i peccati di desiderio)

Blù

Di nuovo quasi primavera

fastidiosa già di insetti

e stridere di rondini

chi le canta romantiche

ha in cuore solo un verso di monotonia

stridente

filtrante da quelle loro

tane sospese

tradite

dalla sporca peluria

affaticate

da involontaria costanza

un frullo rapido

un uovo

una paglia

un verme

Un viaggio da stormo rassegnato.

Una brutta poesia di Natale

UNA BRUTTA POESIA DI NATALE
di Benedetta Murachelli – dal libro “Tra fuorvianti brezze”

Che bello

che viene Natale
che spolvera tutti i giorni dell’anno
che è nascita di tanti bambini Gesù
che cresceranno sereni,
di molti altri bambini
che moriranno di fame,
con i chiodi della croce di Cristo
piantati in alveoli creati per bianchi dentini,
che noi tutti vorremmo essere più buoni
ma che sorpasseremo frettolosi
il solito o la solita clochard
accovacciata davanti alla porta del
supermercato
con la supplica negli occhi e nel bicchiere la
speranza,
che saltelleremo intorno ai finti abeti
addobbati,
che sazi ci addormenteremo davanti alla TV
sul solito caldo e accogliente divano
trascinando vittoriosi nei sogni i babau delle crisi.-
Domani,
sì, dal 26  dicembre tutto cambierà,
tutto cambierà come mai,
come mai.

Prepotenti le dita

Vi è mai capitato di avvertire un brivido di rivalsa fino all’estrema punta delle dita, l’impulso di ingaggiare con la tastiera un duello all’arma… d’inchiostro, di voler consumare la pelle dei polpastrelli su vocali e consonanti che, anarchiche e ribelli, si riuniscono in parole a cui cercaste di non arrivare mai? Oggi mi opprime questa prepotenza e la mente infila strade sconosciute, seducenti e infide, penetra in budelli semoventi attorcigliati come serpenti su ricordi creduti riposti e rimossi. Sto male, insidiosi appigli di terreni scivolosi trattengono guerriglie d’amore, regolarmente perse, inutili investimenti su tempi nati già morti condannati da virus inattaccabili. Eppure anche questa di oggi è stata una giornata normale, notte alba luce il giusto grigiore di stagione, tutto a posto. La finestra docile specchia l’ombra ondeggiante degli aceri, il vetro chiuso trattiene il calduccio artificiale della stufa, un insetto si industria in capriole per non cadere nelle giravolte del vento. Sì, c’è anche il vento, una folata fa scricchiolare le tapparelle, turbina intorno a una carta abbandonata sul balcone poi risale le correnti di ghiaccio della notte. Provo a pensarmi e pensarti ma non se ne va questa fastidiosa appiccicosa mielata malinconia. 

La Bayadère

La Bayadère – Benedetta Murachelli

E dopo il 10 arriva l’11
ed è un obbligo stamani Signore svolare lo spazio con
la tua serpeggiante S maiuscola, c’hai sbriciolato dentro
e sopra la testa scintille d’arte di musica di poesia di gesti,
di sfide alla tua smisurata onniscienza:
Generoso e (forse distratto) hai sciolto l’avarizia gocciolando
sfarzo e pietas sulla corteccia di cuori irriverenti.

Alba

Oh avere grandi teli
fatti di nuvole e stelle
tessuti di vento e fili di sole

stendermi fra cielo e terra

io stessa fatta preziosa seta
avvolgermi alle
misteriose intensità
dell’infinito