La fontana di cioccolata

C’era una volta una regina
che non aveva figli
voleva una bambina
ma si accontentava dei conigli.

Poi un giorno, un dono dei venti,
trovò tre piccoli porcellini:
erano allegri, educati e ubbidienti.

Uno correva come una lepre,
l’altro faceva le fusa come un gattino,
il terzo cinguettava con le pietre.

La regina era una strega laureata
che per i suoi porcellini voleva il meglio:
fece costruire una fontana fatata
che buttava cioccolata al loro risveglio.

18.7.2021

Le tre amiche

Le onde si infrangevano contro la scogliera nera creando spruzzi di bianco che tornavano al mare, striando il verde profondo delle acque inquiete.

Il cielo era carico di nuvole, ma alcuni raggi di sole trapelavano regalando squarci di blu. Presto il tempo sarebbe migliorato.

Dall’alto della scogliera, si poteva vedere la brughiera correre piatta, bruna di arbusti e rosata d’erica.

In lontananza, vi era la fattoria dei Fincher, una casa bianca e bassa le cui finestre erano ingentilite da imposte colorate di verde oliva. Intorno, cespugli di lavanda delimitavano il frutteto e l’orto. Poco distante, l’essiccatoio per il pesce, il pollaio e l’ovile che in quel momento era vuoto. Se si allungava lo sguardo, si potevano vedere le macchie bianche delle pecore cariche di lana.

La casa dei Fincher era composta da grandi vani, una cucina molto attrezzata, camere luminose dal soffitto rigato di travi, e soprattutto il salotto, la stanza meno frequentata dai Fincher, ma dove risiedevano le nostre tre amiche. Nessuno avrebbe potuto dire né il perché e nemmeno da quanto fossero lì. Di fatto stavano tutto il tempo a chiacchierare amabilmente.

A guardarle da lontano, erano simili e diverse al tempo stesso. Rotondette tutte e tre, davano l’impressione di querule sorelle, ma mentre una aveva la pelle rossa come un’irlandese scottata dal sole africano, le altre due erano piuttosto chiare. Miss Golden aveva quasi il colore del miele, forse grazie alla lunga permanenza all’aria aperta, giacché quell’estate era stata assai clemente rispetto al solito. Miss Smith, invece, era la più bruttina, per via del profilo incerto e della pelle tendente al verde, come soffrisse di quella malattia chiamata clorosi. Era anche la più anziana e  si dava delle arie da gran regina, tant’è che le altre due, di nascosto, la chiamavano Granny[1].

A un artista, potevano sembrare un quadro di Caravaggio.

Come già detto, le tre passavano buona parte del tempo a conversare di ogni futilità, raggiungendo considerazioni profonde sul tempo, sulle fioriture o sulle vicissitudini della famiglia Fincher, formata da papà Fincher, mamma Fincher, piccolo Fincher, gatto Fincher e cane Fincher.

Quel giorno, però, anziché la solita cordiale atmosfera, tra le tre aleggiava una sorta di nervosismo.

«Oh! Cielo! Si può sapere cosa le è successo?», chiese Miss Smith all’amica vicina che se ne stava adagiata in una strana posizione, un po’ di sghimbescio.

«È che ieri sono caduta, e ora guardi…», rispose ella mostrando il fianco acciaccato.

«Oh! Mio Dio, che ematoma! Si sta facendo marrone», disse con voce preoccupata Miss Golden, che stava dall’altra parte, di fianco della dolorante amica.

«Già, colpa del piccolo Fincher. Stava giocando con cane Fincher, proprio qui davanti, e accidentalmente mi ha colpito. Io sono stata presa alla sprovvista e sono caduta rotolando come un sasso sul pavimento».

Le due amiche guardarono Miss Stark quasi con orrore, lei non se ne accorse e continuò: «Sì, mamma Fincher lo ha sgridato. Io non sapevo che dire. Mi hanno subito aiutato, adagiato come adesso, ma il dolore, quello, non passa. Continua a pungere ed è come se si allargasse di minuto in minuto. Sto impazzendo, credetemi», sospirò con la voce che andava via via strozzandosi.

«Le credo eccome», rispose Miss Golden, «a guardare bene, sembra che quel morello, quel livido, s’ingrandisca a vista d’occhio. È duro?».

«Macchè,  a tastarlo, se non mi facesse così male, è tutto molle. Forse mi sono rotta qualcosa», rispose Miss Stark con la voce tremolante.

Le altre si guardarono di sbieco, cercando di non farsi notare dalla poverina, che ora stava piangendo. Nei loro sospiri trapelava una certa ansietà e preoccupazione. Più inquietudine che apprensione: in verità il fianco era davvero brutto a vedersi e starne vicino causava una certa angoscia. In ogni caso, decisero di troncare la conversazione per un po’, così da lasciare che l’amica potesse riprendersi.

Il sole avanzava nella stanza, come strusciando sul pavimento. Il cielo si era definitivamente aperto e dalle finestre spalancate alcune mosche erano entrate infastidendo i presenti. Soprattutto le tre amiche.

Faceva ancora caldo, malgrado fosse settembre inoltrato. L’odore dei fiori d’erica invadeva le stanze della grande casa, talvolta mischiandosi a zaffate di salsedine e di pesce seccato al sole .

Miss Smith ruppe il silenzio chiedendo: «Sta meglio ora, cara?».

«Non molto, anzi, per niente, ma non voglio passare il pomeriggio a piangermi addosso. Voi, piuttosto, come state?»

«Io ho un leggero bruciore dentro. È da due giorni… ma non ho voluto tediarvi con questa cosa. Magari vi sareste preoccupate», rispose Miss Smith.

Le altre due parvero sobbalzare. Miss Golden chiese con un filo di voce teso, il tono di chi è a un passo dallo scatto d’ira: «Scusi? Sta male da due giorni e non ci ha detto niente?»

«L’ho detto, non volevo preoccuparvi. non sarà nulla, che dite?», chiese alle amiche con una vena d’ansia nella voce.

Miss Golden cercò di recuperare la calma e disse: «Si sa che certi disturbi non vanno mai sottovalutati. Conoscevo una vicina… anche lei aveva iniziato a soffrire di bruciori. Ebbene, da un giorno all’altro non l’ho più vista. Mai più vista. Chissà che fine avrà fatto, la poverina».

«Ne ho sentito parlare, di questo fatto. Anche i Fincher ne discutevano. Sembrava quasi un problema nazionale. Si trattava di Miss Red, vero?», disse Miss Stark la cui voce non aveva perso il tono di sofferenza.

«Miss Red, certo. Me la ricordo. Non è accaduto molto tempo fa, no?», aggiunse Miss Smith con la voce incerta per via del suo strano malessere.

«Sì, sarà un paio di settimane. Eppure a vederla, non avreste mai detto che la sua malattia fosse a uno stadio così avanzato», sospirò Miss Golden.

Dopo essersi scambiata una lunga occhiata con Miss Golden, Miss Stark disse: «Ho sentito papà Fincher dire che era una cosa contagiosa. Quella di Miss Red, intendo. Era davvero preoccupato».

Le tre amiche rabbrividirono,  stettero in silenzio per qualche istante, poi Miss Smith prese la parola: «Certo, il mio non è che un leggero bruciore, non ne farei un caso nazionale. Miss Red, invece, aveva qualcosa di molto grave. Credo di aver sentito parlare di Dracunculosi ».

Tra le tre, in verità, la più malmessa era proprio Miss Golden, che cercava di nascondere le rughe che solcavano la sua pelle ormai vizza. Fu proprio Miss Golden a cambiare discorso: «Che cosa avreste voglia di fare, oggi, care?». Tutti i giorni poneva quella domanda e la risposta era sempre la stessa: arrivare sino alla scogliera e fare un bel bagno in mare.

Improvvisamente le amiche ebbero un moto di spavento, tacquero perché era entrata mamma Fincher. Raramente varcava quella soglia, solo per spolverare o cacciare via gatto Fincher, che grattava il divano in damascato rosso.

Mamma Fincher si diresse verso il tavolo Chippendale che impreziosiva la stanza e controllò il vassoio della frutta. Sospirò nel vedere le tre mele.

Uscì per buttarle, ma anziché andare verso il pollaio,si diresse verso la scogliera, attraversando la brughiera. Non avrebbe saputo dire perché. Forse le era spiaciuto vedere quelle belle mele avvizzire.

Forse si era figurata che la vita fosse un po’ così.

Di fatto, le lanciò al vento mormorando: «Addio».

 

 

 

 

[1] Nonna