Archivia 29 Dicembre 2022

Libro aperto

Sei scomparso
mi ostino a cercarti
nel libro della mia vita
ancora aperto

Sono viva qui
non voglio sapere
quanto ancora
il domani il dopo

Lego il tempo
con catene di parole
che barcollano prima
di librarsi leggere

 

19,12,2022/Lab 3

 

 

Mani

Mani

Le mie mani vorrei stasera
sorelle tra le tue in abbandono
in questo piovoso novembre
che a stento mi rimanda
un altro autunno rosso infuocato

Le tue mani vorrei stasera
per infilarmi in un silenzio
dolce, felice, innamorato
e ritrovare un senso compiuto
di benessere e quiete del cuore

 

Combattere la nostra povertà d’amore

“La più grande povertà da combattere è la nostra povertà d’amore” Papa Francesco

Viviamo in un mondo povero d’amore come ci dice il nostro Papa, ma perché? Non voglio guardare “fuori” ma dentro di me e capire quanto amore sono capace di dare.
Amo tanto, tantissimo la mia famiglia e per ciascuno dei componenti, nipotine comprese, farei di tutto.
Amo i miei amici, sono affezionata ai vicini di casa e sono sempre pronta a dare una mano se qualcuno ha bisogno di aiuto.
Allora, alla luce di queste considerazioni, mi chiedo se sono una persona capace di “amore”: direi di sì, grazie a Dio!
Però se penso ai fratelli immigrati, a coloro che soffrono per le guerre o situazioni drammatiche, come li posso amare? Credo che mi sia difficile donare amore concreto a queste persone ma forse qualcosa posso fare, per esempio seguire attentamente e con partecipazione quello che succede nel mondo, dare contributi economici attraverso le numerose organizzazioni, non per far tacere la mia coscienza, ma con la consapevolezza che è doveroso rendersi presenti, per quanto e come è possibile, alla vita dei fratelli provati dalle circostanze : dilatare il cuore, accogliere tutti e dare concretezza al sogno dell’enciclica FRATELLI TUTTI, far entrare nel cuore “il mondo” nei suoi molteplici bisogni.
Se è facile dire “non posso arrivare a tutti” è altrettanto facile cominciare dal poco che si può e, per me che credo in Dio, oltre al resto, pregare perché c’è Qualcuno che interviene dove l’uomo non può arrivare……Lui chiede solo la nostra fiducia nella Sua Onnipotenza.
Grazie Francesco per questo incipit!!!

GLI ULTIMI

I miei fratelli, gli ultimi

Si sente tanto pronunciare questa parola soprattutto in questo tempo ma………chi sono gli ultimi? Forse le persone poco considerate, poco o per niente capaci di rispondere alle richieste del nostro contesto sociale perché povere, con scarsa cultura, magari senza un lavoro e di conseguenza senza una casa dignitosa.
Sento che il Signore mi chiede di rivolgere la mia attenzione proprio a loro, perché? Se guardo la vita dei santi come per esempio don Bosco, Madre Teresa, san Giuseppe Moscati, per citarne solo alcuni, sono a dir poco ammirata dalla loro dedizione proprio agli ultimi, agli “scartati”. Credo di poter dire che il carisma che accomuna questi santi è l’attenzione, l’amore ai fratelli bisognosi, agli emarginati, ai destinatari della cosiddetta CULTURA DELLO SCARTO
Signore, cambia il mio/nostro sguardo giudicante e severo per renderlo accogliente e misericordioso. Rendimi, rendici capaci di sporcarci le mani, di aprire le porte del nostro cuore per far posto ai nostri fratelli, qualunque sia la loro condizione.
Così sia

I sogni degli angeli

Di cosa sono fatti i sogni degli angeli? Me lo chiedo ogni sera, quando pigramente appoggiata alle piume dorate lascio che la mente vaghi nell’infinito, nutrita dalla brezza fresca dello svolazzar di ali.
Io che non ho più sogni da offrire mi ci avvolgo come un mendicante al suo lacero cappotto alla disperata ricerca di un minimo calore.

I sogni degli angeli sono fatti di tiepida speranza. Tendo le braccia per colmare la distanza e mi proietto in alto fino a toccarli, emanazione di uno spirito sconosciuto, zattera che ci sorregge lungo il naufragio che noi chiamiamo vita.
I sogni degli angeli sanno di pane e zucchero e lasciano nel cuore un sapore dolce che persiste all’alba.
Mi ci aggrappo ancora un po’, prima che il mattino riempia ogni angolo buio e cancelli il mistero.

Something in the water

Avvolta nel profumo Dolce (&G) e nel suo trench verde oliva a pois bianchi, Anastasia sosta davanti all’ingresso del locale “Bar Ber” in cui l’attende un tale sfrontato di nome Otto. Allontana dalla fronte un ciuffo di capelli neri, ricci e ribelli. Osserva la propria immagine specchiata, fiera dei suoi quarant’anni e orgogliosa della snellezza delle proprie forme. Pone la mano sulla maniglia della porta, esita un istante, scuote il capo e sorride divertita. Ha appena letto la scritta BARBER – Salone per uomini – sulle insegne poste ai lati della luminosa vetrina contigua. La denominazione è la stessa del bar in cui sta per entrare. Che ci sia lo zampino del destino? Anche così non fosse, lei rimane dell’idea di fare “barba e capelli” all’uomo che sta per rincontrare.

Lo ricorda abbastanza bene: sulla trentina, alto, biondo, occhi scuri, pieno di charme; un perfetto sconosciuto che si era rivelato un individuo spregevole. Sere prima, in un altro locale pubblico, lui le aveva gentilmente consegnato la borsetta, – dimenticata per un istante su una poltroncina -, dopo averla alleggerita di un porta-banconote colmo di denaro. Lei aveva temuto un infarto, anche se quel che maggiormente l’aveva fatta infuriare era stata la propria sbadataggine. Stizza e disappunto le avevano provocato un battito accelerato del cuore costringendola a trascorrere l’intera notte tra le braccia dell’inquietudine.

Del tutto ignara che quell’uomo l’avesse furtivamente seguita sino all’ingresso del palazzo.

Il mattino successivo, con grande sorpresa, Anastasia preleva dalla cassetta della posta un biglietto con il quale il borseggiatore, di nome Otto, la invita ad incontralo al Bar Ber. Oltre a restituirle il malloppo intende offrirle un caffè. Come credergli? Teme voglia farsi beffe di lei, magari autoassolvendosi, o trarne un sicuro profitto. Dopo aver riflettuto a lungo, decide che vale la pena accertarsi delle reali intenzioni dell’uomo. Intende affrontarlo a testa alta.

Sara questa mattina ha marinato la scuola. Salterà pure le lezioni pomeridiane di musica, nonostante Canto sia la disciplina che più ama al mondo. E’ il dono di natura che possiede; la fa stare bene al punto di aver rivelato alla nonna il sogno di diventare una vera rock star. Oggi però è determinata a scoprire quel che combina sua madre durante l’arco della giornata. In cuor suo è certa di conoscere la sola, semplice, verità. Uscita di casa alla solita ora, trascorre la mattinata bighellonando per le vie della città. Confida nella sorte propizia mentre cerca di individuare Anastasia in qualche negozio elegante, da Mc Donald oppure in biblioteca. In Chiesa no.

Da quando mamma ha perduto l’impiego, e non si è più attivata per cercarne un altro, Sara è parecchio impensierita, quasi in ansia. Va lambiccandosi il cervello a caccia di risposte. Perché non si confida con me? Viviamo sotto lo stesso tetto. La supero in altezza, avrò il diritto di sapere! …se almeno papà fosse ancora con noi! L’ho perduto troppo presto. Mi mancano i suoi sorrisi, le coccole e la complicità! A distanza di anni la sua tangibile assenza mi soffoca il cuore e spesso piango. Succede quando mamma, alcune sere la settimana, si allontana da casa e sparisce per l’intera notte. Questa sua misteriosa vita notturna non mi consente di avere un rapporto sereno e sincero con Fabio, il mio attuale boy friend della terza E, a cui tengo una cifra. Mi piacerebbe presentargli mia madre, ma è proprio una faccenda difficile. Non posso, non me la sento ancora di condividere i sospetti che nutro.  Così mi accontento della rassicurante presenza del mio cane peloso, Pluto, a cui voglio un bene dell’anima. La notte dorme ai piedi del mio letto, mi tiene compagnia proteggendomi.

Seduto a un tavolo del Bar Ber, Otto cerca di liberare la mente con un mantra: sono uno scippatore improvvisato, non un essere disonesto. Desideravo conoscere di persona la signora Anastasia, che mai ha accettato di incontrarmi. Ora, però, è diventato urgente conversare circa il talento naturale di cui è dotata sua figlia Sara, i progressi fatti e il futuro che le attende. Dall’inizio di quest’anno, su richiesta di Fiorella l’insegnante di Canto, sto offrendo gratuitamente lezioni di Pianoforte alla ragazzina ed ho imparato a conoscerla.

Messo alle strette da un promoter che mi ha contattato per conto di un produttore discografico, ho convinto Silvana – un’amica di lunga data di Anastasia, la cui figlia Ginevra frequenta lo stesso corso di musica -, a darmi una mano. Lei ha escogitato un piano per “costringere” l’amica ad un incontro. Da tempo ero stato messo bene al corrente che tipo di donna mi sarei trovato davanti: affascinante, determinata, piena di fiducia in sé stessa e in grado di reinventarsi. Ho saputo infatti che, dopo aver perso il lavoro da impiegata, si era trasformata in un’avventurosa, alquanto fortunata, giocatrice di poker.   Silvana aveva abbandonato sulla poltroncina accanto a me la borsetta di Anastasia. Vi avevo nascostamente introdotto la mano afferrando quel portafoglio rigonfio, consapevole di commettere un reato. Soltanto restituendolo potrò comunicarle la meravigliosa novità che ho in serbo, ottenendo così la sua assoluzione.

“Mammaaa!” Sara dall’esterno ha individuato la sagoma della madre seduta di fronte al maestro di pianoforte. Entrata nel bar come un proiettile, le dita strette a pugno, il viso stravolto dal livore, le si catapulta addosso con aggressività.

“Mi fai schifo – urla – è così che passi le tue giornate! Non ti basta venderti la notte?” ha alzato le braccia intenzionata a colpire. Otto spalanca gli occhi, deglutisce e indietreggia con la sedia. Anastasia, calma e imperturbabile, para il colpo e blocca con fermezza le braccia della figlia. Si alza in piedi, le sfila lo zaino dalle spalle costringendola ad abbracciarla. Sara si abbandona al pianto e al calore del corpo della madre che la stringe forte a sé, soffocandola di baci.

“Dai Sara, sali in macchina, veloce. Non vorrai arrivare in ritardo proprio oggi!”

“Non sono mica matta. Vai mamma, sgomma!”.

“A me sembra troppo bello per essere vero! Il signor Otto è un maestro davvero in gamba ed ha un bel carattere. E’ sicuro di sé quando parla del tuo innato talento. Chissà con quanta convinzione ha presentato un tuo demo alla casa discografica! Ti hanno immediatamente invitata ad incidere la cover di “Something in the water”, la canzone che ami di più. Sono troppo felice.”

“Mamma, io sono elettrizzata. Il mio sogno sta per avverarsi. Sono contenta che tu sia orgogliosa e, visto che sono più alta di te, considerami pure un’adulta.”

“Certo che sì!”

“Se avrò successo diventerò famosa come Lady Gaga. Forse guadagnerò quanto te con il gioco ai tavoli del poker, vedrai. Ho già telefonato alla nonna per dirle di tenersi pronta che presto apparirò in tivù. Morirà dalla gioia.”

Entrambe ridono a pieni polmoni. Sara si applaude con convinzione.

 “Mamma, ti farebbe piacere se adesso cantassi?”

Anastasia posa teneramente una mano sul capo della figlia e le invia un sonoro bacio: “Moltissimo, Lady Sara.”

La quindicenne modula la sua gradevolissima limpida voce per cantare le parole della canzone che rispecchiano fedelmente il suo stato d’animo: “I’ve got halo’s made of summer, rhythms made of spring. …give me long days in the sun, prelude to the nights to come…”*

 

*Ho un’aura fatta d’estate ed il ritmo fatto di primavera…dammi lunghe giornate al sole, che portano alle notti che vengono…

N.B.

“Bar Ber” e “BARBER “esistono davvero; li ho scovati in una ridente cittadina della bassa Valtellina.

P.S.

Ad Annalisa, Adele, Graziella, Vittoria e Panty devo un GRAZIE speciale per avermi supportato, e sopportato pazientemente, in questo lungo periodo buio in cui rigettavo l’idea di tornare a scrivere almeno ad un livello discreto, come una “scrittrice per caso”, quale sono.

 

 

 

28 Ottobre 2022/Lab 2

 

RAGNATELA

Stamattina guardandomi allo specchio ho visto tante rughe che, come una ragnatela, avvolge il mio viso.  Sono passati tanti anni; eppure, una lucetta continua a brillare nei miei occhi e la riconosco, è la stessa che illuminava lo sguardo della ragazzetta che correva a perdifiato per le campagne, che rincorreva gli animali da cortile e sbuffava annoiata davanti agli esercizi di matematica che avrebbe detestato per tutta la vita.  La ribellione alle regole,  soprattutto quella che negava alle femmine di indossare i pantaloni, insomma uno spirito anarchico.

Tanta vita, tante esperienze, l’amore per babbo “bello”, il dolore per la perdita della mamma.  La nascita di due bimbette dispettose dalle gambette veloci che, ancora oggi  corrono incontro alla vita con quel sorriso birbante e le gote arrossate dalla ricerca affannosa di sé.

Tanti momenti felici, le risate con mia sorella, l’emozione di diventare zia e poi prozia, la sorellanza con le amiche più intime, i viaggi la gratificazione nel raggiungimento degli obiettivi.

Non sono mancati momenti difficili,  gli insuccessi,  le sofferenze degli ammalati nei reparti d’ospedale,  la morte delle persone care, le ingiustizie sociali, la politica inadeguata.  Ecco come cammin cammino sono arrivate le rughe, odiosa ragnatela, vorrei strapparti con un veloce gesto della mano ma sei stampata sulla mia faccia ed è lì che rimani, come a dire che la vita non è stata immobile ma percorsa da tante vicende, tutte impresse sul mio volto.

 

Una Storia come tante

La ragazzina entrò nel bar. Si guardò intorno e vide che al bancone c’era un solo cliente che si gustava lentamente il suo caffè. Era luglio e fuori faceva caldo, ma i clienti preferivano stare seduti all’esterno invece di stare dentro.  Dietro di lei fece il suo ingresso un ragazzo che portava il classico grembiule da barista e in mano un vassoio con qualche tazzina da caffè sporca. Fece il giro per passare oltre il bancone e mise le tazzine sporche dentro il lavandino. Il cliente che gli stava di fronte gli rivolse la parola: “Otto, ti devo pagare il conto.”

  • “Signor Giuseppe, 70 lire”
  • “Ma poi che nome è Otto” – gli disse mentre gli porgeva i soldi
  • “Signor Giuseppe sono l’ottavo figlio di dieci e mi hanno chiamato così”

Il cliente rise e se ne andò via

A quel punto Otto si rivolse alla ragazzina che poteva avere si e no quindici anni “Ciao, hai bisogno di qualcosa?”

“No” disse lei “Aspetto mia madre, di solito viene qui a prendere il caffè a quest’ora”

Il barista, la guardò annuendo. Per istinto guardò l’orologio alla parete, mancavano pochi minuti alle due

In quel istante dal retro uscìì un altro ragazzo che chiese.” E’ arrivata?”

Otto lo fissò e gli domandò:” di chi stai parlando Carmelo?”

“Ma si dai la signora che lavora nella profumeria, qui di fianco…”, “La Signora Anastasia”

“ Io non l’ho mai vista, il mio turno di solito inizia più tardi”

“ Non l’hai mai vista, è vero! Di solito facciamo a gara a servirla, E’ una donna bellissima… Ha un modo di muoversi che ti fa girare la testa” “ E, a proposito,  appena arriva, la servo io!”

Otto che per natura era scettico, annui distratto

Dall’esterno si sentì un leggero mormorio…piccoli bisbigli di uomini…

Un rumore di passi da donna, piccoli tacchetti,  niente di provocante…

I due baristi guardarono l’ingresso e quello che videro fu una donna, non troppo alta… sarà stata un metro e sessanta. Un corpo che ricordava a grandi linee le misure da pin up. Aveva una camicetta in viscosa color beige e una gonna tre quarti di color marrone, due scarpette con la punta arrotondata che facevano un piedino affusolato e una borsetta in tinta. Occhiali da sole color castano con le lenti affusolati da gatto. Ma non era la fluidità dell’accostamento dei colori che colpiva all’occhio, bensì la grazia di come camminava, di come si accostava al bancone. Otto rimase a guardarla e di colpo capìì che cosa intendesse il suo collega.

-“Sara, cosa ci fai qui?” – disse la donna rivolgendosi alla ragazzina

-“Ho lasciato le chiavi di casa dalla mia amica, e non volevo rifare di nuovo tutta la strada”

Anastasia aprii la borsetta e prese le chiavi dandole a Sara: “Eccole, ma domani dovrai andare a prenderle”

-“Grazie Mamma” disse Sara uscendo dal bar.

Carmelo prontamente esordì con uno sguardo languido: “Signora Anastasia il solito caffè?”

-“Si grazie”

Carmelo si girò e comincio a trafficare con la macchinetta del caffè, facendo rumore a più non posso, come se tutte questo frastuono lasciasse intendere che stava facendo il caffè più buono del mondo.

Otto nel frattempo era rimasto fermo li davanti a guardarla, non riusciva a toglierle lo sguardo da dosso.

Carmelo porse la tazzina sul bancone. Anastasia aggiunse un cucchiaino raso di zucchero. Lo mescolò con dolcezza e lo sorseggiò. Aprìì la borsetta e prese 70 lire. Le lasciò sul bancone. Ringraziò e uscì

Carmelo e Otto rimasero a fissare la porta di ingresso, quasi avessero visto un miracolo della natura…

Carmelo sospirò e rivolgendosi a Otto gli disse: “ Eh amico mio, avevo ragione, no?”. Otto non rispose ormai era assorto nei suoi pensieri… “ Anastasia…” “Che Donna…” “ Ma la ragazzina l’aveva chiamata mamma…” “ Ma quanti anni ha? Se ha una figlia di circa 15 anni….E’ poi sarà sposata…avrà un marito”

Dentro di se Otto si agitava. Quella donna l’aveva colpito. Sentiva un irrequietezza che gli prendeva lo stomaco, ma nello stesso tempo le domande che si poneva e le risposte che si dava non gli piacevano…