Tutti gli articoli di Sonia Lauricella

Loro credono in me

Tra un paio d’ore devo essere in ufficio. Sono quasi ventidue anni che lavoro nella stessa azienda e non mi ricordo nemmeno un giorno cosi duro.

Da qualche mese mi hanno aggiunto ufficiosamente un’altra mansione. Responsabile ufficio vendite oltre che contabile.

Il fatto è che sono entrata in una realtà dove l’azienda non naviga in buone acque e sono molto preoccupata per il nostro futuro. La direzione non sta effettuando una politica di analisi di commessa o analisi di costi, nessun controllo di liquidità. Io cercherò di propormi come responsabile di queste procedure per cercare di salvare capre e cavoli, ma nel frattempo altri responsabili cercano di mettere i bastoni fra le ruote.

Ogni giorno combatto con altri colleghi che non vorrebbero che io riuscissi ad ottenere quel posto. Nei giorni scorsi spesso mi sono sentita abbattuta, tanto da avere voglia di mollare. Ma tra le mie file si sono aggiunte quattro donne che mi seguono e lavorano duramente. Ogni volta che mi sento spossata e avvilita, una di loro mi affianca per qualche lavoro e io la guardo negli occhi. Loro hanno fiducia in me. Loro mi appoggiano. Come posso io mollare? Devo andare avanti anche per loro.

Che peso. E se non ci riuscissi? Se la direzione non dovessi darmi l’incarico? O peggio. Se mi dessero l’incarico e io non riuscissi nell’intento? Comunque ci proverò, non ho molta scelta, lo devo almeno a loro che credono in me.

Io ti ho sognato

Non so come ci siamo incontrati, so solo che ti conosco.

Abbiamo passato del tempo come conoscenti, e ci siamo visti tutti i giorni da settimane. Ma adesso sento il peso della tua prossima partenza. La fuori, una guerra assurda che potrebbe non farti tornare.

Ti guardo, il tuo viso dalla carnagione abbronzata, illuminato da un sorriso bianco e contornato da un pizzetto scuro. Ho voglia di baciarti, ma ho paura che tu possa non contraccambiare.

Sei qui davanti a me, la tua voce profonda mi accarezza la pelle, le tue parole scivolano sulla mia schiena. Un calore mi assale. Penso ai giorni che mancano alla nostra separazione e poi forse non ci vedremo più. Non ho niente da perdere. Ho deciso.

Mi avvicino a te, riducendo la distanza dei nostri corpi, tu smetti di parlare e il tuo sorriso scompare, ma i tuoi grandi occhi castani fissano i miei. Il mio cuore accelera i battiti. Le tue mani afferrano le mie braccia attirandomi a te. Ora i nostri corpi sono cosi vicini che sento anche i battiti del tuo cuore. In un attimo le nostre labbra calde si sfiorano. Solo un attimo, solo un assaggio. I nostri sguardi si incrociano, il respiro affannoso. E allora ci baciamo stringendoci l’uno all’altra, le tue mani afferrano il mio volto e mi baci come se volessi mangiarmi. I vestiti cadono, le nostre mani e le nostre labbra sfiorano la nostra pelle. Facciamo l’amore. Dolce passionale come due persone che si prendono tutto il tempo che gli resta.

Poi tra le lenzuola, mentre la mia testa si appoggia al tuo petto e tu mi accarezzi i capelli, ti dico che non voglio che tu parta. Tu afferri il mio viso e sorridendo mi dici che devi partire per forza. Io chiudo gli occhi per cacciare via quel pensiero. Li riapro. Intorno a me solo il buio della mia stanza. Allungo la mano per cercarti dall’altra parte del letto. Il vuoto. Il silenzio. Ecco la parte più brutta, sospiro forte,  per calmare il mio cuore da tutta la passione ricevuta e silenziosamente parlo al mio cervello: “ Era solo un sogno!”

Dopo un ora non riesco ancora a prendere sonno. Il sogno era così vero. E allora mi chiedo, ma se io ti ho ti ho sognato ed eri così reale, non può essere che dall’altra parte del mondo ci sia lui che abbia sognato me?

Narcisista Patologico

Rido. La mia risata non è una di quelle fragorose e aperte, di quelle che chiunque ti senta si volti e che diventa subito contagiosa. La mia risata si nota appena con un piccolo cenno delle mie labbra, che si incurvano all’insù. Ma rido piena di soddisfazione. Mi fa ridere un uomo di 55 anni che si comporta come un bambino. Un bambino che crea video per accrescere la stima per se stesso.

Fai tutto da solo. Al mio paese si dice: ”Tu te la suoni, tu te la canti”

Parli di vipere, e chi sarebbero le vipere? Le tue vittime sono le vipere?

Non hai la capacità di guardarti allo specchio, perché non vedresti niente. Tu non hai una tua immagine propria. Tu riesci a vedere soltanto il riflesso che costruisci negli occhi delle tue vittime.

Nei tuoi profili ti definisci generoso e altruista.

Perché non racconti la verità alla tua vittima di turno? Perché non racconti che il tuo matrimonio è naufragato perché sei stato tu a tradire?

Perché racconti che il tuo successivo rapporto è durato solo due anni, quando la verità è che è durato più di dieci anni. Perché non racconti che questa donna, che non ha mai avuto figli suoi, ti ha aiutato a crescere tuo figlio e che il vostro rapporto è finito perché hai tradito anche lei.

La tua vita è costellata di bugie e di tradimenti, complici i tuoi parenti. Una madre che all’apparenza sembra una donna irreprensibile e magari anche devota ad una chiesa cattolica, ma che alla fine si rivela la peggiore delle donne, complice di un figlio che oltre a fare male ad altre donne cresce un figlio passandolo da una situazione ad un’altra con la stessa facilità con cui si cambiano le mutande ogni giorno.

E ora ti spiego perché rido. Tu crei questi video perché sei convinto che le tue vittime li guardino e provino invidia per la tua vita amorosa, pensi che le tue vittime si struggono perché un’altra in quel momento vive con te quegli attimi finti. Eh si! Finti! Non hai ancora capito che le tue vittime adesso ti conoscono e adesso sanno quanto tu sia finto. L’unica sensazione che possono provare è pena. Pena per la tua vittima di turno. E rido. Perché adesso io ti vedo per quello che sei. Un pagliaccio che si dimena per cercare di creare uno spettacolo,  per noi che siamo gli spettatori in un’arena dove sei solo tu l’interprete della tua vita vuota.

 

 

Io non ti ho visto nascere

Io non ti ho visto nascere, e questo ancora adesso mi fa stare male.

Per molto tempo ho avuto la sensazione che mi mancasse una parte, come se non fossi una mamma completa. Non ho sentito il tuo primo pianto, il tuo primo respiro. E ancora adesso dopo venti tre anni mi manca.

Quando ho scoperto di essere incinta dopo due giorni siamo partiti in macchina e mentre eravamo in vacanza ho avuto delle perdite

Avevo già perso un bambino e non volevo perdere anche te

Siamo stati in ospedale e mi hanno fatto delle iniezioni. Poi qualche giorno dopo mi hanno fatto un’ecografia. Su quel lettino con le braccia incrociate sul petto aspettavo solo un brutto verdetto, poi un suono assordante ma ritmico e il dottore mi disse: “Signora lo sente questo rumore? E’ il battito del cuore di suo figlio”. Piansi. Era un pianto di felicità, un pianto d’amore

Non posso dire di aver avuto una brutta gravidanza, non ho sofferto di nausea e ho avuto poche voglie.

Mi ricordo di aver sentito esattamente quando ti sei girato. In quel periodo stavo lavorando al bar alla cassa. Ero in piedi, in pieno orario di punta, nel trambusto della lunga fila davanti a me e mentre ordinavo a tua zia i panini da mettere a scaldare, ho sentito la tua capriola. Mi sono congelata e sbarrando gli occhi verso tua zia ho esclamato:” Si è girato!” In quel momento il tempo si è fermato. Tu piccolo esserino dentro di me.

Mi ricordo che quando andavo a sdraiarmi a letto, spesso e volentieri puntavi i tuoi pedini verso i miei polmoni e spingevi. A me mancava il respiro e dovevo accarezzarti parlandoti per farti ritornare in posizione

Ma il parto è stato un viaggio

Sei nato diciotto giorni dopo la data di scadenza, la prima data presunta, ma fino a tre giorni prima non volevi nascere. Il Dottore mi disse: “Il bambino è ancora in alto, non si è ancora preparato a nascere”

Poi i primi dolori alla sera. Era sabato. Siamo andati in ospedale e l’ostetrica mi disse che quei dolori avrebbero dovuto essere almeno il triplo. Fuori c’erano tutti tuoi parenti. Fecero entrare mia madre che era agitatissima. Forse un pensiero inconscio si insinuò in me. Se lei, che aveva avuto sei figli e aveva visto nascere quattro nipoti prima di te, era così agitata, allora avrei dovuto esserlo anche io. Alla fine decisero di tenermi in ospedale perché inaspettatamente mi si era alzata la pressione.

Morale della favola tutta la domenica e il lunedì ho camminato lungo il corridoio del reparto, dando le doglie mai abbastanza forti. Martedì mattina il ginecologo, vedendomi ancora così, decise di farmi partorire ad ogni costo. Tentarono di tutto: ossitocina, dilatazione manuale, ma dopo avermi rotto le acque, il tuo cuore rallentò bruscamente. Cesareo d’urgenza. Mi prepararono in pochi minuti. In pochissimo tempo ero sotto la lampada della sala operatoria. L’anestesista urlava:” La vogliamo togliere questa ossitocina!”. Ricordo vagamente due occhi con la mascherina ed una voce che mi diceva: “Bene conti da 100 in giu..”. Ed io: “100, 99, 98,97……” Ricordo la sensazione di cadere nel nero profondo con la paura nel cuore.

Mi risvegliai nella sala post operatoria. In fondo alla stanza Ornella l’ostetrica compilava dei fogli. Io la chiamai e lei voltandosi esclamò “Ah Sonia sei sveglia.” Le domandai:” Ornella, Francesco come sta?” e lei mi rispose:” Francesco sta bene, è andato tutto bene”. Io ripiombai nel mio sonno profondo, complice l’anestesia ancora da smaltire. Sei nato alle 18.05 del 18 Aprile del 2000.

Alle 6 del mattino venni svegliata dalle infermiere che portavano il carrello degli arrosti. Lo chiamavamo cosi perché tutti i bambini erano messi in fila e fasciati tanto da sembrare dei piccoli arrosti. Io ero ancora intontita dai tre giorni di fatica e senza mangiare. Un’infermiera ti posò tra le mie braccia. Tu non piangevi. E fu in quel momento che ti vidi per la prima volta. Amore mio.

 

 

Alba

Ecco questo è uno dei momenti che preferisco
La luce del giorno che incomincia
Nessun rumore in casa, solo il piccolo ticchettio dell’ orologio in cucina
Nessun rumore fuori, solo il cinguettio di qualche uccellino sugli alberi
Tutto fermo
Sola tra il buio e la luce
È come un limbo
Mi crogiolo tra le lenzuola e le coperte ammirando quel colore azzurro verde che colora la finestra, l’alba.

Sfida

Tutto incominciò con una sfida

Tu mi guardi

Io ti guardo

“Volevo dirti che…”

“No niente”

Mentre vai via

“Si vede che non hai il coraggio”

Torni indietro

Mi guardi

Ti guardo

“Tu mi piaci”

Tutto incominciò con una sfida

“Ma si dai forse è meglio così”

“Prima che ci incasiniamo la vita”

Maledetto il mio ego

Torno indietro e ti bacio

E la nostra vita si è incasinata

 

Io piccola

Ciao Bambolina

Sei proprio tenera con quelle guanciotte, in braccio al tuo papà. Hai uno sguardo sorpreso, come chi dal mondo ha voglia di imparare tutto.

A me hanno sempre detto che questa è un’ottima qualità. Ti rende più forte, più consapevole. In effetti ti devo dire che in parecchie situazioni mi ha aiutato e mi ha dato molte soddisfazioni, ma anche delusioni. Eh si ragazzina, perché tutta questa bravura sposta sempre più in alto l’asticella delle aspettative degli altri nei tuoi confronti. E’ un grosso peso.

Ti voglio raccontare una storia. La storia di una guerriera che ogni giorno deve guardarsi le spalle per non cadere nelle trappole, ogni giorno deve combattere per non soccombere contro i mostri.

Cosa potrebbe desiderare di più una guerriera così?  Pace, serenità, deporre le armi e non avere paura. E così va alla ricerca di un compagno che possa guardarle le spalle mentre lei si riposa.

Durante questo viaggio incontra un mago, che per un breve periodo la fa sentire amata. Da questa magia nasce un bambino. Per la guerriera fu subito amore a prima vista. Provava un amore inteso, infinito, un amore così grande quasi da far paura. Paura che al piccolo potesse succedere qualcosa di brutto, paura di non essere all’altezza, di non poterlo difendere. La guerriera decise che adesso la sua priorità era difendere il suo piccolo.

Il mago li abbandonò, ma lei non si sentì persa

Gli anni passarono combattendo contro ogni mostro che cercava di fare del male a lei e a suo figlio.

Durante il tragitto conobbe Troll travestiti da maghi e guerrieri. Fu ferita spesso, qualche volta anche in modo mortale.  Le era anche capitato di sentirsi così stanca da pensare di non rialzarsi, ma poi lo sguardo di suo figlio, la sua tenerezza, la facevano sempre sollevare impugnando la spada e lo scudo.

Ora suo figlio è più grande, ben presto diventerà uomo. Lei invecchia e incomincia a sentire il peso dei suoi anni. Si preoccupa di non aver insegnato abbastanza a suo figlio, teme che, quando non ci sarà più lei a proteggerlo, gli possa succedere qualcosa di terribile.

Eh ma ragazzina chi può conoscere il futuro?

La morale della storia che ti ho appena raccontato è: una Donna che ama è capace di ogni sacrificio.

Certo amare qualcuno, voler bene a qualcuno, è pericoloso. Questo qualcuno potrebbe farti male, anche involontariamente. Ma credimi, quando ti dico che ne vale la pena.

Conviene rischiare per quel sentimento che proverai, per quei momenti che vivrai. Sono ricordi che ti porterai dentro. Assapora ogni attimo di quei momenti, assimila ogni aspetto, anche il profumo. Perché questi ricordi nessuno te li porterà via.

Quando diventerai grande e ti sentirai stanca, delusa e triste, tira fuori uno di questi ricordi, chiudi gli occhi e rivivi quelle emozioni. Quando riaprirai gli occhi, il tuo cuore sarò ancora gonfio d’amore. Ti alzerai da quella sedia, prenderai la tua spada e il tuo scudo affrontando la vita.

 

Donne

Tutte diverse.

Creature dalle mille sfaccettature.

A volte simili ma mai uguali.

Così come creano  la vita, partorendo nel dolore e nella sofferenza, riescono ad uccidere nel nome dei propri ideali

Sanno amare teneramente e a volte incondizionatamente, ma se pensano che gli avete fatto un torto vi odieranno per il resto della vita

Hanno paura dei film dell’orrore, oppure del tizio strano che incrociano, ma come diventano coraggiose quando devono difendere i propri figli, le proprie amiche, i propri affetti

Le puoi trovare a fissare fuori da una finestra e a meno che lei non te lo voglia dire non saprai mai a chi o a cosa sta pensando: forse a lui a l’unico uomo che abbia mai veramente amato, forse a suo figlio,  che anche se è un bravo ragazzo c’è sempre qualcosa che la preoccupa, forse sta pensando al lavoro, c’è sempre un problema da risolvere o più semplicemente a cosa preparare per cena

Il Moderno Prometeo

Ormai la sera è giunta, ma prima di andare a letto come da sempre una spazzolata ai capelli.

Mi guardo allo specchio e  penso a mia madre Mary con le sue idee.

Lessi uno dei suoi scritti e le parole mi risuonano ancora nella mente:

” E’ ora di effettuare una rivoluzione nei modi di vivere le donne, è ora di restituirle la dignità perduta e di far si che esse, in quanto parte della specie umana, operino riformando se stesse per riformare il mondo “

Scrisse tanto sull’argomento, ma io non potei mai sentire il suono delle sue parole. Morìì dandomi alla luce.

Però io sono cresciuta nello stesso ambiente con le stesse idee e con la possibilità della libertà di pensiero

Non sono mai stata una donna facile, avevo proprio un carattere libero

Ed è stata proprio questo mio atteggiamento verso la vita che mi ha portato a dichiarare il mio amore a Percy. Non mi importava che lui fosse già sposato e che io avevessi  solo sedici anni. Come potevo non innamorarmi di un poeta che scriveva dell’amore libero?

Tre anni fa siamo scappati in Europa per creare la nostra famiglia

In questi anni ho avuto tre figli, due femmine e un maschio. Purtroppo le mie bambine sono morte

Ho sofferto tanto per questo motivo

Sono stata sempre circondata da poeti e scrittori di grandi vedute. Fu proprio quando avevo 19 anni che Percy ed io frequentammo la casa di Lord Byron. Lì trascorremmo spesso il tempo parlando di Erasmus Darwin, dei suoi esperimenti e del Galvanismo

Mi affascinavano tutti quei discorsi sulla  rianimazione

Una sera Lord Byron lanciò una sfida a tutti i presenti e cioè scrivere una storia di fantasmi…

Quella notte non dormiii, dentro di me una storia prendeva vita…La storia diventò un libro…

Oggi quel libro è stato pubblicato in forma anonima…E’ stato deciso cosi, visto il tipo di romanzo,  sarebbe preferibile che non si sappia che sia stato scritto da una donna e per giunta anche cosi giovane

Però sogno il giorno che potrò affermare: “io sono Mary Shelley e ho scritto Frankenstein, o il Moderno Prometeo!”

Una Storia come tante

La ragazzina entrò nel bar. Si guardò intorno e vide che al bancone c’era un solo cliente che si gustava lentamente il suo caffè. Era luglio e fuori faceva caldo, ma i clienti preferivano stare seduti all’esterno invece di stare dentro.  Dietro di lei fece il suo ingresso un ragazzo che portava il classico grembiule da barista e in mano un vassoio con qualche tazzina da caffè sporca. Fece il giro per passare oltre il bancone e mise le tazzine sporche dentro il lavandino. Il cliente che gli stava di fronte gli rivolse la parola: “Otto, ti devo pagare il conto.”

  • “Signor Giuseppe, 70 lire”
  • “Ma poi che nome è Otto” – gli disse mentre gli porgeva i soldi
  • “Signor Giuseppe sono l’ottavo figlio di dieci e mi hanno chiamato così”

Il cliente rise e se ne andò via

A quel punto Otto si rivolse alla ragazzina che poteva avere si e no quindici anni “Ciao, hai bisogno di qualcosa?”

“No” disse lei “Aspetto mia madre, di solito viene qui a prendere il caffè a quest’ora”

Il barista, la guardò annuendo. Per istinto guardò l’orologio alla parete, mancavano pochi minuti alle due

In quel istante dal retro uscìì un altro ragazzo che chiese.” E’ arrivata?”

Otto lo fissò e gli domandò:” di chi stai parlando Carmelo?”

“Ma si dai la signora che lavora nella profumeria, qui di fianco…”, “La Signora Anastasia”

“ Io non l’ho mai vista, il mio turno di solito inizia più tardi”

“ Non l’hai mai vista, è vero! Di solito facciamo a gara a servirla, E’ una donna bellissima… Ha un modo di muoversi che ti fa girare la testa” “ E, a proposito,  appena arriva, la servo io!”

Otto che per natura era scettico, annui distratto

Dall’esterno si sentì un leggero mormorio…piccoli bisbigli di uomini…

Un rumore di passi da donna, piccoli tacchetti,  niente di provocante…

I due baristi guardarono l’ingresso e quello che videro fu una donna, non troppo alta… sarà stata un metro e sessanta. Un corpo che ricordava a grandi linee le misure da pin up. Aveva una camicetta in viscosa color beige e una gonna tre quarti di color marrone, due scarpette con la punta arrotondata che facevano un piedino affusolato e una borsetta in tinta. Occhiali da sole color castano con le lenti affusolati da gatto. Ma non era la fluidità dell’accostamento dei colori che colpiva all’occhio, bensì la grazia di come camminava, di come si accostava al bancone. Otto rimase a guardarla e di colpo capìì che cosa intendesse il suo collega.

-“Sara, cosa ci fai qui?” – disse la donna rivolgendosi alla ragazzina

-“Ho lasciato le chiavi di casa dalla mia amica, e non volevo rifare di nuovo tutta la strada”

Anastasia aprii la borsetta e prese le chiavi dandole a Sara: “Eccole, ma domani dovrai andare a prenderle”

-“Grazie Mamma” disse Sara uscendo dal bar.

Carmelo prontamente esordì con uno sguardo languido: “Signora Anastasia il solito caffè?”

-“Si grazie”

Carmelo si girò e comincio a trafficare con la macchinetta del caffè, facendo rumore a più non posso, come se tutte questo frastuono lasciasse intendere che stava facendo il caffè più buono del mondo.

Otto nel frattempo era rimasto fermo li davanti a guardarla, non riusciva a toglierle lo sguardo da dosso.

Carmelo porse la tazzina sul bancone. Anastasia aggiunse un cucchiaino raso di zucchero. Lo mescolò con dolcezza e lo sorseggiò. Aprìì la borsetta e prese 70 lire. Le lasciò sul bancone. Ringraziò e uscì

Carmelo e Otto rimasero a fissare la porta di ingresso, quasi avessero visto un miracolo della natura…

Carmelo sospirò e rivolgendosi a Otto gli disse: “ Eh amico mio, avevo ragione, no?”. Otto non rispose ormai era assorto nei suoi pensieri… “ Anastasia…” “Che Donna…” “ Ma la ragazzina l’aveva chiamata mamma…” “ Ma quanti anni ha? Se ha una figlia di circa 15 anni….E’ poi sarà sposata…avrà un marito”

Dentro di se Otto si agitava. Quella donna l’aveva colpito. Sentiva un irrequietezza che gli prendeva lo stomaco, ma nello stesso tempo le domande che si poneva e le risposte che si dava non gli piacevano…