Racconti e Poesie

Mimose 2019

Con il tempo
Con il tempo imparerò
a tenere sigillate le orecchie del cuore
e a non più ascoltare il dolore,
voce di donna che mi assorda:
dall’interno di un ascensore
dalle scale mobili della metropolitana
dalla toilette di una discoteca
dal sedile di un’auto nel bosco
dal salotto buono di casa
dalle pagine di un giornale
dallo speaker del telegiornale
locale, regionale, nazionale.
Con il tempo imparerò
Con il tempo


Anche se avessi il tempo
oggi poco mi importa
le lacrime non le trattengo
il mio essere più non sopporta
sapere di un’altra violenza
e mi sgorga una preghiera spontanea
per te giovane incolpevole ragazza,
per quelle venute prima di te,
per noi tutte, da sempre e per sempre.


Anche se avessi del tempo
mi domando dove potrei cercare,
in quale luogo inesistente
potrei incontrare un Buon Dio
che mi sappia spiegare
perché ci dobbiamo piegare
al volere di un feroce animale
che non è fatto a nostra immagine
tanto meno a Sua somiglianza.
Sebbene lo abbiamo sbocciato alla vita
con tenerezza e con gioia infinita,
troppo volte “ne abbiamo abbastanza”
e anche oggi non mantengo la distanza
VOGLIO urlare la mia ripugnanza.


NON C’E’ PIU’ TEMPO…
è in arrivo un’altra ambulanza


Diario di una strega

D14 Febbraio Festa dell’amore Oggi maggiormente riconosciuta come festa di San Valentino, il 14 Febbraio si celebra la festa pagana dell’Amore, dedicata al Dio Luperculus chiamata Lupercalia. L’origine della festa degli innamorati è quindi il tentativo della Chiesa cattolica di porre termine ad un popolare rito pagano per la fertilità che veniva celebrato in questo periodo dell’ anno. Il mese di Febbraio, per i popoli pagani, è considerato il periodo in cui ci si prepara all’ arrivo della primavera, considerata la stagione della rinascita. Si iniziano quindi rituali volti alla purificazione delle case, si fa ordine e pulizia nella propria vita. Un rituale di fertilità che si svolgeva ogni anno, in questo periodo, per onorare il Dio Luperculus, consisteva nell’ inserire in un urna i nomi di giovani donne e uomini, pescandoli poi casualmente. Le coppie che così si formavano vivevano per un anno in intimità, proprio come segno di devozione a Luperculus. L’ anno successivo il rito si riproponeva, formando così nuove coppie. Fu nel 496 D.C. che la Chiesa decise di sostituire la Festa pagana dell’Amore e della Fertilità con la festa di San Valentino, patrono degli innamorati. Sostituzione che avvenne certamente per nascondere ed eliminare i rituali pagani dediti alla fertilità. Il santo in questione, San Valentino, nacque nel 175 D.C. e fu il primo vescovo a celebrare un matrimonio tra una pagana ed un cristiano, atto per il quale divenne famoso e per il quale probabilmente venne scelto come santo dedicato a questa giornata di festa. (e fu così che si scatenarono i peccati di desiderio)

Blù

Di nuovo quasi primavera

fastidiosa già di insetti

e stridere di rondini

chi le canta romantiche

ha in cuore solo un verso di monotonia

stridente

filtrante da quelle loro

tane sospese

tradite

dalla sporca peluria

affaticate

da involontaria costanza

un frullo rapido

un uovo

una paglia

un verme

Un viaggio da stormo rassegnato.

Quale amore vuoi? (“Coperta” d’albergo)

Quale amore vuoi?

            Un volo tra le stelle

Un tuffo nella fantasia

La sua pelle un po’ ribelle

Solo una sveltina e via

Quale amore vuoi?

            Un uragano di parole

                Un mare sotto il sole

                Un vecchio sogno coccolato

                Un fiore già sbocciato

Quale amore Vuoi?

                Un prato di periferia

                La sua bocca frenesia

                Un castello di bugie

                Una giostra di allegrie

Quale amore vuoi?

            La tua amante di domani

                Un nido caldo per il tuo uccello

                Il tocco magico delle sue mani

                Un ricordo violento e bello            

Quale amore vuoi?

            Una terra un po’ straniera

                Il suo scalpo per bandiera

                Un rimorso che ti renda migliore

                Uno sfogo al tuo lato peggiore

Quale amore vuoi?

                Dai, non avere esitazioni

                Sì, accetta ordinazioni

                Coraggio, non è un miraggio

                E’ lei la tua fata di passaggio

Una brutta poesia di Natale

UNA BRUTTA POESIA DI NATALE
di Benedetta Murachelli – dal libro “Tra fuorvianti brezze”

Che bello

che viene Natale
che spolvera tutti i giorni dell’anno
che è nascita di tanti bambini Gesù
che cresceranno sereni,
di molti altri bambini
che moriranno di fame,
con i chiodi della croce di Cristo
piantati in alveoli creati per bianchi dentini,
che noi tutti vorremmo essere più buoni
ma che sorpasseremo frettolosi
il solito o la solita clochard
accovacciata davanti alla porta del
supermercato
con la supplica negli occhi e nel bicchiere la
speranza,
che saltelleremo intorno ai finti abeti
addobbati,
che sazi ci addormenteremo davanti alla TV
sul solito caldo e accogliente divano
trascinando vittoriosi nei sogni i babau delle crisi.-
Domani,
sì, dal 26  dicembre tutto cambierà,
tutto cambierà come mai,
come mai.

Prepotenti le dita

Vi è mai capitato di avvertire un brivido di rivalsa fino all’estrema punta delle dita, l’impulso di ingaggiare con la tastiera un duello all’arma… d’inchiostro, di voler consumare la pelle dei polpastrelli su vocali e consonanti che, anarchiche e ribelli, si riuniscono in parole a cui cercaste di non arrivare mai? Oggi mi opprime questa prepotenza e la mente infila strade sconosciute, seducenti e infide, penetra in budelli semoventi attorcigliati come serpenti su ricordi creduti riposti e rimossi. Sto male, insidiosi appigli di terreni scivolosi trattengono guerriglie d’amore, regolarmente perse, inutili investimenti su tempi nati già morti condannati da virus inattaccabili. Eppure anche questa di oggi è stata una giornata normale, notte alba luce il giusto grigiore di stagione, tutto a posto. La finestra docile specchia l’ombra ondeggiante degli aceri, il vetro chiuso trattiene il calduccio artificiale della stufa, un insetto si industria in capriole per non cadere nelle giravolte del vento. Sì, c’è anche il vento, una folata fa scricchiolare le tapparelle, turbina intorno a una carta abbandonata sul balcone poi risale le correnti di ghiaccio della notte. Provo a pensarmi e pensarti ma non se ne va questa fastidiosa appiccicosa mielata malinconia. 

I Gatti ed io

I GATTI ED IO
(Alle 4,15 del buio)
Elvira Breviglieri

Perché non tacete
gatti del cortile
nella notte pervasa
da quest’insonnia sottile?

Perché miagolate
gatti abbandonati
nelle lune vecchie
di sogni maltrattati?

Perché piangete
gatti testardi
nelle ore umide
di pendoli infingardi?

Perché vi disperate
gatti solitari
nella penosa libertà
di palpiti amari?

Perché v’azzuffate
gatti nemici
nel sentimento misto
di attimi felici?

Perché, perché non vi zittite
gatti in calore
nella carezza viva
di un probabile amore?

La Bayadère

La Bayadère – Benedetta Murachelli

E dopo il 10 arriva l’11
ed è un obbligo stamani Signore svolare lo spazio con
la tua serpeggiante S maiuscola, c’hai sbriciolato dentro
e sopra la testa scintille d’arte di musica di poesia di gesti,
di sfide alla tua smisurata onniscienza:
Generoso e (forse distratto) hai sciolto l’avarizia gocciolando
sfarzo e pietas sulla corteccia di cuori irriverenti.

L’ultimo pastore

Dopo aver girato il mondo, «L’ultimo pastore», il film di Marco Bonfanti che ha fatto sognare e commuovere spettatori dei 5 continenti, è finalmente tornato «all’ovile», poco distante da dove è stato girato, grazie allo storico Sergio Leondi che lo ha ricordato nel suo ultimo libro su Settala e l’associazione Punto Cardinale che prendendone spunto ha deciso di organizzare una visione a Peschiera con la presenza di regista e protagonisti: Renato Zucchelli e la sua famiglia.
La storia di Renato, uno degli ultimi pastori nomadi esistenti in Italia, si dipana fra Settala, dove abita con la moglie Lucia e i quattro figli, e gli alpeggi bergamaschi dove passa tutte le estati con il suo gregge di oltre 700 pecore.
È grande e grosso Renato, un faccione buono da cui traspare l’animo schivo e gentile. A Tokyo, dove il film è stato accolto con tutti gli onori, è stato paragonato a una divinità giapponese, uno spirito della natura che può essere visto solo dai bambini.
Proprio ai bambini ha infatti pensato quando, nel 2011, ha deciso di realizzare un’avventura che pareva impossibile: portare il suo gregge di pecore a Milano fino in piazza del Duomo per farle conoscere ai bimbi di città. Ad aiutarlo a registrare la folle impresa, il giovanissimo regista che, conquistato dalla suggestione di questa favola meravigliosa, ha saputo creare un capolavoro assoluto.
Una favola che nasce da una vera e propria vocazione: fin da bambino Renato sognava di fare il pastore, osteggiato dalla madre che avrebbe preferito per lui un lavoro stabile in città.
«Non ho resistito neanche una settimana – racconta lui sornione – perché in mezzo ai palazzoni mi sentivo soffocare. Sono tornato nelle mie valli e alla fine anche mia mamma si è convinta a lasciarmi fare.
Fondamentale l’incontro con Lucia, una donna minuta ma forte come una roccia, che ha sposato non solo l’uomo ma anche la sua professione e lo ha sempre incoraggiato anche nei momenti più duri. Perché fare il pastore è un lavoro pesante, messo sempre più in difficoltà dalla cementificazione.
La prossima volta che, nei campi fra Settala e Segrate, vi capiterà di vedere un gregge di pecore con un pony bianco a tracciare la strada e un cane nero a tenerle a bada, fermatevi un attimo e salutate Renato, l’ultimo pastore.

Pubblicato su “Il Giorno QN”

Alba

Oh avere grandi teli
fatti di nuvole e stelle
tessuti di vento e fili di sole

stendermi fra cielo e terra

io stessa fatta preziosa seta
avvolgermi alle
misteriose intensità
dell’infinito

 

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