Racconti e Poesie

I sogni degli angeli

Di cosa sono fatti i sogni degli angeli? Me lo chiedo ogni sera, quando pigramente appoggiata alle piume dorate lascio che la mente vaghi nell’infinito, nutrita dalla brezza fresca dello svolazzar di ali.
Io che non ho più sogni da offrire mi ci avvolgo come un mendicante al suo lacero cappotto alla disperata ricerca di un minimo calore.

I sogni degli angeli sono fatti di tiepida speranza. Tendo le braccia per colmare la distanza e mi proietto in alto fino a toccarli, emanazione di uno spirito sconosciuto, zattera che ci sorregge lungo il naufragio che noi chiamiamo vita.
I sogni degli angeli sanno di pane e zucchero e lasciano nel cuore un sapore dolce che persiste all’alba.
Mi ci aggrappo ancora un po’, prima che il mattino riempia ogni angolo buio e cancelli il mistero.

Something in the water

Avvolta nel profumo Dolce (&G) e nel suo trench verde oliva a pois bianchi, Anastasia sosta davanti all’ingresso del locale “Bar Ber” in cui l’attende un tale sfrontato di nome Otto. Allontana dalla fronte un ciuffo di capelli neri, ricci e ribelli. Osserva la propria immagine specchiata, fiera dei suoi quarant’anni e orgogliosa della snellezza delle proprie forme. Pone la mano sulla maniglia della porta, esita un istante, scuote il capo e sorride divertita. Ha appena letto la scritta BARBER – Salone per uomini – sulle insegne poste ai lati della luminosa vetrina contigua. La denominazione è la stessa del bar in cui sta per entrare. Che ci sia lo zampino del destino? Anche così non fosse, lei rimane dell’idea di fare “barba e capelli” all’uomo che sta per rincontrare.

Lo ricorda abbastanza bene: sulla trentina, alto, biondo, occhi scuri, pieno di charme; un perfetto sconosciuto che si era rivelato un individuo spregevole. Sere prima, in un altro locale pubblico, lui le aveva gentilmente consegnato la borsetta, – dimenticata per un istante su una poltroncina -, dopo averla alleggerita di un porta-banconote colmo di denaro. Lei aveva temuto un infarto, anche se quel che maggiormente l’aveva fatta infuriare era stata la propria sbadataggine. Stizza e disappunto le avevano provocato un battito accelerato del cuore costringendola a trascorrere l’intera notte tra le braccia dell’inquietudine.

Del tutto ignara che quell’uomo l’avesse furtivamente seguita sino all’ingresso del palazzo.

Il mattino successivo, con grande sorpresa, Anastasia preleva dalla cassetta della posta un biglietto con il quale il borseggiatore, di nome Otto, la invita ad incontralo al Bar Ber. Oltre a restituirle il malloppo intende offrirle un caffè. Come credergli? Teme voglia farsi beffe di lei, magari autoassolvendosi, o trarne un sicuro profitto. Dopo aver riflettuto a lungo, decide che vale la pena accertarsi delle reali intenzioni dell’uomo. Intende affrontarlo a testa alta.

Sara questa mattina ha marinato la scuola. Salterà pure le lezioni pomeridiane di musica, nonostante Canto sia la disciplina che più ama al mondo. E’ il dono di natura che possiede; la fa stare bene al punto di aver rivelato alla nonna il sogno di diventare una vera rock star. Oggi però è determinata a scoprire quel che combina sua madre durante l’arco della giornata. In cuor suo è certa di conoscere la sola, semplice, verità. Uscita di casa alla solita ora, trascorre la mattinata bighellonando per le vie della città. Confida nella sorte propizia mentre cerca di individuare Anastasia in qualche negozio elegante, da Mc Donald oppure in biblioteca. In Chiesa no.

Da quando mamma ha perduto l’impiego, e non si è più attivata per cercarne un altro, Sara è parecchio impensierita, quasi in ansia. Va lambiccandosi il cervello a caccia di risposte. Perché non si confida con me? Viviamo sotto lo stesso tetto. La supero in altezza, avrò il diritto di sapere! …se almeno papà fosse ancora con noi! L’ho perduto troppo presto. Mi mancano i suoi sorrisi, le coccole e la complicità! A distanza di anni la sua tangibile assenza mi soffoca il cuore e spesso piango. Succede quando mamma, alcune sere la settimana, si allontana da casa e sparisce per l’intera notte. Questa sua misteriosa vita notturna non mi consente di avere un rapporto sereno e sincero con Fabio, il mio attuale boy friend della terza E, a cui tengo una cifra. Mi piacerebbe presentargli mia madre, ma è proprio una faccenda difficile. Non posso, non me la sento ancora di condividere i sospetti che nutro.  Così mi accontento della rassicurante presenza del mio cane peloso, Pluto, a cui voglio un bene dell’anima. La notte dorme ai piedi del mio letto, mi tiene compagnia proteggendomi.

Seduto a un tavolo del Bar Ber, Otto cerca di liberare la mente con un mantra: sono uno scippatore improvvisato, non un essere disonesto. Desideravo conoscere di persona la signora Anastasia, che mai ha accettato di incontrarmi. Ora, però, è diventato urgente conversare circa il talento naturale di cui è dotata sua figlia Sara, i progressi fatti e il futuro che le attende. Dall’inizio di quest’anno, su richiesta di Fiorella l’insegnante di Canto, sto offrendo gratuitamente lezioni di Pianoforte alla ragazzina ed ho imparato a conoscerla.

Messo alle strette da un promoter che mi ha contattato per conto di un produttore discografico, ho convinto Silvana – un’amica di lunga data di Anastasia, la cui figlia Ginevra frequenta lo stesso corso di musica -, a darmi una mano. Lei ha escogitato un piano per “costringere” l’amica ad un incontro. Da tempo ero stato messo bene al corrente che tipo di donna mi sarei trovato davanti: affascinante, determinata, piena di fiducia in sé stessa e in grado di reinventarsi. Ho saputo infatti che, dopo aver perso il lavoro da impiegata, si era trasformata in un’avventurosa, alquanto fortunata, giocatrice di poker.   Silvana aveva abbandonato sulla poltroncina accanto a me la borsetta di Anastasia. Vi avevo nascostamente introdotto la mano afferrando quel portafoglio rigonfio, consapevole di commettere un reato. Soltanto restituendolo potrò comunicarle la meravigliosa novità che ho in serbo, ottenendo così la sua assoluzione.

“Mammaaa!” Sara dall’esterno ha individuato la sagoma della madre seduta di fronte al maestro di pianoforte. Entrata nel bar come un proiettile, le dita strette a pugno, il viso stravolto dal livore, le si catapulta addosso con aggressività.

“Mi fai schifo – urla – è così che passi le tue giornate! Non ti basta venderti la notte?” ha alzato le braccia intenzionata a colpire. Otto spalanca gli occhi, deglutisce e indietreggia con la sedia. Anastasia, calma e imperturbabile, para il colpo e blocca con fermezza le braccia della figlia. Si alza in piedi, le sfila lo zaino dalle spalle costringendola ad abbracciarla. Sara si abbandona al pianto e al calore del corpo della madre che la stringe forte a sé, soffocandola di baci.

“Dai Sara, sali in macchina, veloce. Non vorrai arrivare in ritardo proprio oggi!”

“Non sono mica matta. Vai mamma, sgomma!”.

“A me sembra troppo bello per essere vero! Il signor Otto è un maestro davvero in gamba ed ha un bel carattere. E’ sicuro di sé quando parla del tuo innato talento. Chissà con quanta convinzione ha presentato un tuo demo alla casa discografica! Ti hanno immediatamente invitata ad incidere la cover di “Something in the water”, la canzone che ami di più. Sono troppo felice.”

“Mamma, io sono elettrizzata. Il mio sogno sta per avverarsi. Sono contenta che tu sia orgogliosa e, visto che sono più alta di te, considerami pure un’adulta.”

“Certo che sì!”

“Se avrò successo diventerò famosa come Lady Gaga. Forse guadagnerò quanto te con il gioco ai tavoli del poker, vedrai. Ho già telefonato alla nonna per dirle di tenersi pronta che presto apparirò in tivù. Morirà dalla gioia.”

Entrambe ridono a pieni polmoni. Sara si applaude con convinzione.

 “Mamma, ti farebbe piacere se adesso cantassi?”

Anastasia posa teneramente una mano sul capo della figlia e le invia un sonoro bacio: “Moltissimo, Lady Sara.”

La quindicenne modula la sua gradevolissima limpida voce per cantare le parole della canzone che rispecchiano fedelmente il suo stato d’animo: “I’ve got halo’s made of summer, rhythms made of spring. …give me long days in the sun, prelude to the nights to come…”*

 

*Ho un’aura fatta d’estate ed il ritmo fatto di primavera…dammi lunghe giornate al sole, che portano alle notti che vengono…

N.B.

“Bar Ber” e “BARBER “esistono davvero; li ho scovati in una ridente cittadina della bassa Valtellina.

P.S.

Ad Annalisa, Adele, Graziella, Vittoria e Panty devo un GRAZIE speciale per avermi supportato, e sopportato pazientemente, in questo lungo periodo buio in cui rigettavo l’idea di tornare a scrivere almeno ad un livello discreto, come una “scrittrice per caso”, quale sono.

 

 

 

28 Ottobre 2022/Lab 2

 

RAGNATELA

Stamattina guardandomi allo specchio ho visto tante rughe che, come una ragnatela, avvolge il mio viso.  Sono passati tanti anni; eppure, una lucetta continua a brillare nei miei occhi e la riconosco, è la stessa che illuminava lo sguardo della ragazzetta che correva a perdifiato per le campagne, che rincorreva gli animali da cortile e sbuffava annoiata davanti agli esercizi di matematica che avrebbe detestato per tutta la vita.  La ribellione alle regole,  soprattutto quella che negava alle femmine di indossare i pantaloni, insomma uno spirito anarchico.

Tanta vita, tante esperienze, l’amore per babbo “bello”, il dolore per la perdita della mamma.  La nascita di due bimbette dispettose dalle gambette veloci che, ancora oggi  corrono incontro alla vita con quel sorriso birbante e le gote arrossate dalla ricerca affannosa di sé.

Tanti momenti felici, le risate con mia sorella, l’emozione di diventare zia e poi prozia, la sorellanza con le amiche più intime, i viaggi la gratificazione nel raggiungimento degli obiettivi.

Non sono mancati momenti difficili,  gli insuccessi,  le sofferenze degli ammalati nei reparti d’ospedale,  la morte delle persone care, le ingiustizie sociali, la politica inadeguata.  Ecco come cammin cammino sono arrivate le rughe, odiosa ragnatela, vorrei strapparti con un veloce gesto della mano ma sei stampata sulla mia faccia ed è lì che rimani, come a dire che la vita non è stata immobile ma percorsa da tante vicende, tutte impresse sul mio volto.

 

Una Storia come tante

La ragazzina entrò nel bar. Si guardò intorno e vide che al bancone c’era un solo cliente che si gustava lentamente il suo caffè. Era luglio e fuori faceva caldo, ma i clienti preferivano stare seduti all’esterno invece di stare dentro.  Dietro di lei fece il suo ingresso un ragazzo che portava il classico grembiule da barista e in mano un vassoio con qualche tazzina da caffè sporca. Fece il giro per passare oltre il bancone e mise le tazzine sporche dentro il lavandino. Il cliente che gli stava di fronte gli rivolse la parola: “Otto, ti devo pagare il conto.”

  • “Signor Giuseppe, 70 lire”
  • “Ma poi che nome è Otto” – gli disse mentre gli porgeva i soldi
  • “Signor Giuseppe sono l’ottavo figlio di dieci e mi hanno chiamato così”

Il cliente rise e se ne andò via

A quel punto Otto si rivolse alla ragazzina che poteva avere si e no quindici anni “Ciao, hai bisogno di qualcosa?”

“No” disse lei “Aspetto mia madre, di solito viene qui a prendere il caffè a quest’ora”

Il barista, la guardò annuendo. Per istinto guardò l’orologio alla parete, mancavano pochi minuti alle due

In quel istante dal retro uscìì un altro ragazzo che chiese.” E’ arrivata?”

Otto lo fissò e gli domandò:” di chi stai parlando Carmelo?”

“Ma si dai la signora che lavora nella profumeria, qui di fianco…”, “La Signora Anastasia”

“ Io non l’ho mai vista, il mio turno di solito inizia più tardi”

“ Non l’hai mai vista, è vero! Di solito facciamo a gara a servirla, E’ una donna bellissima… Ha un modo di muoversi che ti fa girare la testa” “ E, a proposito,  appena arriva, la servo io!”

Otto che per natura era scettico, annui distratto

Dall’esterno si sentì un leggero mormorio…piccoli bisbigli di uomini…

Un rumore di passi da donna, piccoli tacchetti,  niente di provocante…

I due baristi guardarono l’ingresso e quello che videro fu una donna, non troppo alta… sarà stata un metro e sessanta. Un corpo che ricordava a grandi linee le misure da pin up. Aveva una camicetta in viscosa color beige e una gonna tre quarti di color marrone, due scarpette con la punta arrotondata che facevano un piedino affusolato e una borsetta in tinta. Occhiali da sole color castano con le lenti affusolati da gatto. Ma non era la fluidità dell’accostamento dei colori che colpiva all’occhio, bensì la grazia di come camminava, di come si accostava al bancone. Otto rimase a guardarla e di colpo capìì che cosa intendesse il suo collega.

-“Sara, cosa ci fai qui?” – disse la donna rivolgendosi alla ragazzina

-“Ho lasciato le chiavi di casa dalla mia amica, e non volevo rifare di nuovo tutta la strada”

Anastasia aprii la borsetta e prese le chiavi dandole a Sara: “Eccole, ma domani dovrai andare a prenderle”

-“Grazie Mamma” disse Sara uscendo dal bar.

Carmelo prontamente esordì con uno sguardo languido: “Signora Anastasia il solito caffè?”

-“Si grazie”

Carmelo si girò e comincio a trafficare con la macchinetta del caffè, facendo rumore a più non posso, come se tutte questo frastuono lasciasse intendere che stava facendo il caffè più buono del mondo.

Otto nel frattempo era rimasto fermo li davanti a guardarla, non riusciva a toglierle lo sguardo da dosso.

Carmelo porse la tazzina sul bancone. Anastasia aggiunse un cucchiaino raso di zucchero. Lo mescolò con dolcezza e lo sorseggiò. Aprìì la borsetta e prese 70 lire. Le lasciò sul bancone. Ringraziò e uscì

Carmelo e Otto rimasero a fissare la porta di ingresso, quasi avessero visto un miracolo della natura…

Carmelo sospirò e rivolgendosi a Otto gli disse: “ Eh amico mio, avevo ragione, no?”. Otto non rispose ormai era assorto nei suoi pensieri… “ Anastasia…” “Che Donna…” “ Ma la ragazzina l’aveva chiamata mamma…” “ Ma quanti anni ha? Se ha una figlia di circa 15 anni….E’ poi sarà sposata…avrà un marito”

Dentro di se Otto si agitava. Quella donna l’aveva colpito. Sentiva un irrequietezza che gli prendeva lo stomaco, ma nello stesso tempo le domande che si poneva e le risposte che si dava non gli piacevano…

 

 

descrivo un oggetto : una foto

La foto che descrivo è stata scattata tanti anni fa e mi suscita molti ricordi. I personaggi siamo io, mia figlia Benedetta e mio marito. Era una festa di compleanno e ci trovavamo sulla veranda della nostra casa, casa che abbiamo lasciato circa 22 anni fa. In questa casa sono state concepite Benedetta, la ragazza della foto e Veronica, l’ultima nata.
Il ricordo più bello è il mio stato d’animo di quando aspettavo un bambino: ero contenta perché mi sentivo importante, utile.
In questa foto mi guardo e mi vedo sorridente ma già da allora “dentro” non stavo bene. Ma, mi chiedo, quando nella mia vita sono stata bene? Certamente quando mi sono sposata perché uscivo da una famiglia patologica e speravo di aver finalmente trovato un nuovo equilibrio e poi ogni volta che è nato uno dei miei figli tranne Benedetta perché sapevo, già dalla gravidanza, che era una bimba con problemi che nessun medico sapeva diagnosticare, almeno fino alla sua nascita, forse. Adesso Benedetta è preziosa, così com’è.
Vedo nella foto anche mio marito sul quale ho investito tante aspettative che in buona parte sono state deluse, non per colpa sua ma perché eravamo e siamo troppo diversi per avere quella sintonia e complicità che avrei desiderato. Lui è molto buono ma stranamente devo dire che ci sono momenti nei quali lo sento estraneo alla mia vita, come se fosse una persona che quasi non conosco. Ma tornando alla foto, mentre la descrivo mi rendo conto di quanti sentimenti mi suscita e di come la vita mi abbia riservato sorprese a volte piacevoli, alte no. Manca la descrizione di Benedetta, la festeggiata. Lei è la mia vita, la persona più importante che, anche se disabile, mi riempie il cuore di amore, tenerezza, desiderio di protezione.
Credo di aver detto anche troppo su questo oggetto, vi ho condiviso un pezzo e forse molta parte della mia vita.
Grazie care amiche per la vostra attenzione, vi abbraccio
Carla

ANASTASIA, OTTO E SARA

Quel giovedì di luglio avevo deciso di trascorrere alcuni giorni in montagna, in Alta Valle Seriana, ma quando arrivai a Vertova desiderai solo scendere dall’auto e prendermi un caffè, anche se il caffè nella bergamasca è un incubo , sempre lungo e acquoso

Trovo un parcheggio davanti alla stazione e accaldata entro nel primo locale che trovo. Il bar è piccolo stretto e lungo, la barista è una bella donna sulla quarantina, curata e gentile, ma con uno sguardo duro.  Chiedo un caffè ristretto e mi siedo al primo tavolino libero. Credevo che la signora si chiamasse Orsolina come è scritto ad insegna del bar, invece la sento chiamare Anastasia.

Sono le tre del pomeriggio e ci sono poche persone oltre me, solo un giovane uomo ed una ragazzina su due diversi tavolini; la barista si rivolge all’uomo con voce paziente ma ferma: -“Otto perché non vai a casa ora? Più tardi dovrai aprire il negozio e mi sembri stanco.”-

In realtà a me sembra aver bevuto troppo questo trentenne dalla barba lunga di giorni e la voce impastata

-“Pota, dopo vado…Anastasia lo sai che quella donna non doveva colpirmi…pota, cosa dovevo fare…io la denuncio e poi…pota nulla, mi danno torto…pota una donna può picchiare?”-

La ragazzina lo guarda, poi guarda la barista e si sorridono complici, di sicuro questa storia l’hanno già sentita, il paese è piccolo.

-” Sara vuoi altro?”  – chiede Anastasia. Sara è una quindicenne slanciata con capelli neri e corti e porta uno zainetto alla moda. -” No, tra poco arriva il mio treno, fra due ore ho lezione a Bergamo”-

-“E’ bello che tu faccia danza classica Sara, a volte ti guardo e hai un portamento così speciale”-

Mi piacerebbe restare e chiedere i particolari di queste storie ma mi mancano ancora tanti chilometri .

AUTOGRILL

Adoro gli autogrill in autostrada.

Negli anni ne ho frequentati parecchi e mi hanno sempre dato conforto e sicurezza: trovi sempre molti servizi utili, un caffè ad ogni ora, un giornale, un libro, il pane o un formaggio  da portare a casa , oppure una colazione o un pranzo veloce.

Cammini e ti sgranchisci le gambe lungo un percorso obbligato, in fondo sono tutti uguali, dei “non luoghi” fuori dal mondo, puoi essere a Modena o Bergamo non si capisce ; quando finalmente trovi l’uscita non è mai dalla parte dove avevi parcheggiato l’auto e  lì davanti  trovi dei tipi in piedi che sembrano aspettare qualcuno fumando …

VIAGGIO

In questi ultimi mesi controllavo spesso alcune agenzie turistiche cercando una meta dove trascorrere una settimana.

Era una ricerca generica, non avevo preferenze tra città d’arte, un viaggio tra varie città o un luogo dalla natura particolare, la realtà è che volevo provare a viaggiare da sola, superando le mie paure; trovarsi all’aeroporto e cercare il gate di partenza, dove faccio il check in?  devo trovare un taxi, quale bus mi porterà in hotel?

Ho sempre viaggiato con parenti , amiche o gruppi in viaggi organizzati , così a luglio ho prenotato un posto sul bus che mi ha portato  sul mare adriatico  e mi sono sentita molto soddisfatta.

Ora vorrei provare a viaggiare in treno verso Mantova per trascorrere un fine settimana, invece se penso ad un viaggio più interessante vorrei visitare la Toscana.

A voi sembrerà poco.  Perché lo faccio?  Serve a crescere, a provare cose nuove, ad essere viva

CARE AMICHE VI SCRIVO…..

Carissime tutte, sono Carla e faccio parte di questo gruppo. Vi ho conosciute prima della pandemia e ho partecipato ad alcuni incontri. Da subito mi sono sentita a mio agio con voi, accolta, voluta bene. Poi dalla pandemia in poi “fermi tutti” e gli incontri sono stati sospesi. Ho fatto in tempo ad essere presente ad un pic-nic ai Fontanili e in questa circostanza è stato bello vivere un clima di serenità che mi è rimasto nel cuore.
In questi ultimi anni ho scritto e letto poco anche per una sorta di depressione che mi ha accompagnata, depressione dovuta allo stato della mia deambulazione, sempre più complicata. Ho subito due interventi chirurgici, nel marzo 2021 e nell’aprile 2022. Adesso cammino col deambulatore e ho molti dolori. Quando ho visto la comunicazione di Valeria relativa alla ripresa degli incontri ho subito detto che mi interessava e di fatto è così ma poi, al momento di partecipare, non me la sono sentita, vuoi per una assurda vergogna, forse pigrizia e comunque per i dolori che sempre sono presenti. Mi rendo conto di chiudermi alle relazioni, facendo eccezione per poche amicizie, e questo non mi fa bene, lo so, ma è difficile vincere i sentimenti che mi bloccano. Voglio comunque mettercela tutta e quindi spero di essere presente a novembre. Colgo l’occasione per dirvi che da sempre mi sento appartenente a questo gruppo, che vi penso e vi voglio bene. Alla prossima, Carla

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