ANASTASIA, OTTO E SARA

Quel giovedì di luglio avevo deciso di trascorrere alcuni giorni in montagna, in Alta Valle Seriana, ma quando arrivai a Vertova desiderai solo scendere dall’auto e prendermi un caffè, anche se il caffè nella bergamasca è un incubo , sempre lungo e acquoso

Trovo un parcheggio davanti alla stazione e accaldata entro nel primo locale che trovo. Il bar è piccolo stretto e lungo, la barista è una bella donna sulla quarantina, curata e gentile, ma con uno sguardo duro.  Chiedo un caffè ristretto e mi siedo al primo tavolino libero. Credevo che la signora si chiamasse Orsolina come è scritto ad insegna del bar, invece la sento chiamare Anastasia.

Sono le tre del pomeriggio e ci sono poche persone oltre me, solo un giovane uomo ed una ragazzina su due diversi tavolini; la barista si rivolge all’uomo con voce paziente ma ferma: -“Otto perché non vai a casa ora? Più tardi dovrai aprire il negozio e mi sembri stanco.”-

In realtà a me sembra aver bevuto troppo questo trentenne dalla barba lunga di giorni e la voce impastata

-“Pota, dopo vado…Anastasia lo sai che quella donna non doveva colpirmi…pota, cosa dovevo fare…io la denuncio e poi…pota nulla, mi danno torto…pota una donna può picchiare?”-

La ragazzina lo guarda, poi guarda la barista e si sorridono complici, di sicuro questa storia l’hanno già sentita, il paese è piccolo.

-” Sara vuoi altro?”  – chiede Anastasia. Sara è una quindicenne slanciata con capelli neri e corti e porta uno zainetto alla moda. -” No, tra poco arriva il mio treno, fra due ore ho lezione a Bergamo”-

-“E’ bello che tu faccia danza classica Sara, a volte ti guardo e hai un portamento così speciale”-

Mi piacerebbe restare e chiedere i particolari di queste storie ma mi mancano ancora tanti chilometri .

AUTOGRILL

Adoro gli autogrill in autostrada.

Negli anni ne ho frequentati parecchi e mi hanno sempre dato conforto e sicurezza: trovi sempre molti servizi utili, un caffè ad ogni ora, un giornale, un libro, il pane o un formaggio  da portare a casa , oppure una colazione o un pranzo veloce.

Cammini e ti sgranchisci le gambe lungo un percorso obbligato, in fondo sono tutti uguali, dei “non luoghi” fuori dal mondo, puoi essere a Modena o Bergamo non si capisce ; quando finalmente trovi l’uscita non è mai dalla parte dove avevi parcheggiato l’auto e  lì davanti  trovi dei tipi in piedi che sembrano aspettare qualcuno fumando …

VIAGGIO

In questi ultimi mesi controllavo spesso alcune agenzie turistiche cercando una meta dove trascorrere una settimana.

Era una ricerca generica, non avevo preferenze tra città d’arte, un viaggio tra varie città o un luogo dalla natura particolare, la realtà è che volevo provare a viaggiare da sola, superando le mie paure; trovarsi all’aeroporto e cercare il gate di partenza, dove faccio il check in?  devo trovare un taxi, quale bus mi porterà in hotel?

Ho sempre viaggiato con parenti , amiche o gruppi in viaggi organizzati , così a luglio ho prenotato un posto sul bus che mi ha portato  sul mare adriatico  e mi sono sentita molto soddisfatta.

Ora vorrei provare a viaggiare in treno verso Mantova per trascorrere un fine settimana, invece se penso ad un viaggio più interessante vorrei visitare la Toscana.

A voi sembrerà poco.  Perché lo faccio?  Serve a crescere, a provare cose nuove, ad essere viva

Neve

Nevica da ore.  I fiocchi volteggiando si posano sul prato e sul vialetto di casa, provati da un lungo viaggio. Il paesaggio è incantato: tutto tace, la pace mi avvolge; si ode solo il rumore dei miei stivali che sollevano la soffice neve. Divertita ne prendo una manciata e la passo sul viso come facevo da bambina, quando fingevo di truccarmi.

Anche Mel, la mia cagnolina, incuriosita dalla neve balzella qua e là come una capretta e sulle zampe le si formano piccoli ghiaccioli simili a calzini intonati col pelo nero e riccioluto. Corre veloce nonostante la neve e io fatico a tenere il suo passo… si diverte tanto!

Con gli schiamazzi lontani dei bambini la mia mente fruga nel passato e i ricordi ritornano più vivi che mai. Un sorriso si stampa sul mio volto: ero bambina e guardavo la neve dalla finestra con il nasino all’insú. Immaginavo che mi cadesse addosso; ma la finestra era chiusa. Stavo finendo i compiti, ma mi distraevo in continuazione, tanta era la voglia di raggiungere gli amici giù nel prato che stavano facendo un pupazzo di neve. Terminati i compiti, mi preparai frettolosamente.

La mamma aveva  lasciato sull’uscio gli stivali di gomma neri che, ahimè, lasciavano passare il freddo, e i calzettoni che mio fratello portava per le passeggiate in campagna con il papà e, benché mi andassero larghi, li indossai volentieri. Nella tasca della giacca a vento riposi un sacchetto con bottoni colorati per decorare il pupazzo di neve.

Una volta scesa, gli amici mi accolsero tirandomi delle palle di neve che finirono puntualmente all’interno del collo della giacca a vento. Dopo la corse sfrenate sulla neve  ci divertimmo lasciandoci cadere all’indietro  e, assetati e incuriositi, assaggiammo la neve. Com’era buona!

Venne il momento di pensare al nome da dare al pupazzo. Subito ci trovammo d’accordo con Gelo. Sarebbe stato di buon auspicio: così avrebbe tardato a sciogliersi.

Le ore trascorrevano velocemente e il nostro Gelo prendeva forma. Quando l’avevamo ultimato eravamo saltellanti per la gioia: era bellissimo ed elegante con i miei bottoni! Quando il sole era già calato la mamma chiamò più volte dalla finestra avvisandomi che stava per scodellare la minestra. Salutai gli amici e Gelo, stanca e contenta.

Rientrando a casa rimasi con i piedi nudi sul pavimento riscaldato dai pannelli; avevo la sensazione che truppe di formiche li solleticassero tanto erano freddi, innescando una reazione di forte prurito.

A tavola, mentre divoravo la cena, raccontavo soddisfatta ai familiari del pomeriggio trascorso. Dopo, pensando al pupazzo che mi avrebbe atteso il giorno dopo per essere abbellito ancora di più, caddi un un sonno profondo.

Sognai  Gelo. Era elegantissimo: indossava un frac, un cappello a cilindro e un papillon a pois rossi e bianchi e aspettava solo di essere invitato a casa di nonna Betta (la nonna di Silvia, Rita e Luigino) che ci avrebbe preparato un tè caldo con fette di pane e marmellata di fichi fatta in casa.  Per concludere il pomeriggio avremmo giocato alla tombola degli animali ma, ahimè, il povero Gelo non poteva entrare in casa a farci compagnia, altrimenti avremmo assistito al suo dis-Gelo… Con coraggio riuscimmo a convincerlo a rimanere fuori e promettemmo di salutarlo dalla finestra.

Mi svegliai la mattina seguente ristorata dopo il lungo sonno e, mentre mi preparavo per recarmi a scuola, pensavo che sarebbe stato bello se nonna Betta ci avesse invitati davvero per la merenda: avremmo potuto ammirare Gelo dalla finestra tra una fetta e l’altra di pane e marmellata… Chissà, forse il sogno si sarebbe avverato.

Oggi, ritrovandomi in questa distesa di neve in compagnia di Mel, come potrei dimenticare che quel sogno si è poi avverato?

Dolce gioco

L’amore gioca

si diverte

capovolgendo la realtà

ti viene incontro

con passi di velluto

si arrampica veloce

alle pareti del tuo cuore

improvvisa

l’innamoramento

infrange divieti

spariglia calendari

ride incontrollato

danza nei tuoi occhi

accendendo la fantasia

si diverte

Gioca l’amore

 

19/12/2020

 

 

I tempi cambiano

La parola sbagliata minaccia

colpisce

ferisce

perseguita

rovescia veleno

senza pietà

non trova pace

e ti priva di vita

 

La parola giusta senza esitare

strappa

il velo

dell’indifferenza

dell’egoismo

della malafede

dell’ipocrisia

e della diffidenza

 

La parola affettuosa regala

benessere

sorrisi e bontà

vive

appassiona

sorprende

e ti schizza via

dalla banalità

 

17.11.2020

Per amore, amore mio

Giorni perduti

implodendo

lentamente

nel purgatorio

delle sale d’attesa

 

Costruire un muro

attorno a me

mantenermi salda

Fingere

di non soffrire

 

Riversare il mio cuore

sulla carta

prepotentemente

Evitare

le vertigini

 

Giorni perduti

implorando

devotamente

nel labirinto

dei mille pensieri

 

Paolo

Ieri il nostro collega Paolo non si è fatto vedere né sentire per tutta la giornata, mancando all’appuntamento delle ore nove con un cliente di tutto riguardo. Mentre il Dirigente  andava minacciando di punirlo anche per mancanze non commesse, Mimma ed io siamo entrate in modalità “fibrillazione”.  Mai era accaduto prima che il Responsabile, persona signorile, seria e comprensiva, si indignasse al punto da snocciolare improperi accompagnati da un linguaggio gestuale così volgare.

Assente ingiustificato, ma perdonabilissimo, Paolo era rimasto coinvolto in un evento di quelli indelebili; memorabile al punto che oggi i quotidiani ne forniscono varie versioni.  Partito da Piazza della Repubblica a bordo della sua amatissima Vespa, si trovava a seguire un’autobetoniera calcestruzzo nel traffico caotico di Via Appiani. Per evitare di investire un passante distratto e frettoloso che gli si era parato davanti, l’autista del pesante automezzo è stato costretto ad una rapidissima frenata.

Ridotta bruscamente la velocità, il contraccolpo ha favorito la fuoriuscita di materiale edile dalla bocca della betoniera stessa. Il nostro giovane collega, impossibilitato a rallentare, si è ritrovato all’istante ricoperto da ghiaia, sabbia e cemento, correndo così il rischio di finire murato vivo, insieme al suo mezzo.  Non osiamo confessarlo apertamente ma ci si legge in volto che anche noi due, come tutti gli altri colleghi, – compreso il nostro Dirigente -, volentieri avremmo presenziato allo spettacolo offerto dal suo “effetto statua”.

Naturalmente ci auguriamo possa venire dimesso presto dalla clinica in cui si trova ricoverato, per una grave irritazione all’apparato respiratorio. E’ un ragazzo sano, giovane, brillante e sportivo: tornerà senz’altro in buona salute.  Insieme ad altri, domattina ci sarò anch’io a fargli visita. Per oggi, con Mimma, mi accontento di osservare divertita, commentandole,  le immagini dei giornali che lo immortalano.

 

13 Aprile 1988

Sogno mio non svanire

Vorrei rinascere bambina

sporcare la faccia con la terra

Svegliarmi ubriaca di aurore

campare in mezzo all’afrore

nella cucina di calore pregna

cuocere cibo sulla stufa a legna

Incantarmi  ad ogni  germoglio

colorare d’oro il corpo se voglio

sotto un Cielo che sparge potenza

apprendere il segreto dell’esistenza

Vorrei rinascere bambina

tuffare le mani nella Terra

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